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08 Dicembre 2021 - 07:00
La 70enne secondiglianese in isolamento dopo l’arresto per mafia e racket. Nuova tegola per la capoclan della Masseria Cardone: scatta il carcere duro
NAPOLI. Mafia, estorsione e turbativa d’asta. Sulla scorta di queste pesantissime accuse la scorsa estate era stata arrestata mentre si preparava a volare alla volta della Spagna, dove avrebbe raggiunto la figlia. Forse sarebbe rientrate in Italia dopo qualche giorno o forse no. Sta di fatto che la Procura di Napoli non volle correre rischi e così scattarono le manette con un blitz-lampo nell’aeroporto di Capodichino. Dopo i primi quattro mesi di permanenza in carcere gli inquirenti della Dda hanno deciso di chiudere definitivamente il cerchio e così per Maria Licciardi “’a peccerella”, vertice della camorra secondiglianese e indiscusso ras della Masseria Cardone, ecco che il ministero della Giustizia ha disposto il regime del carcere duro. La 70enne, che fino a pochi giorni fa si trovava ristretta nel penitenziario di Lecce, è adesso in isolamento in attesa di conoscere l’istituto nel quale andrà al 41-bis.
E proprio l’isolamento diventerà almeno per i prossimi due anni la condizione con la quale Maria Licciardi dovrà suo malgrado fare i conti. I detenuti al carcere duro, come stabilito dalla legge Gozzini, non possono infatti avere alcun tipo di contatto con gli altri detenuti e anche gli incontri e i colloqui con i familiari sono ridotti ai minimi termini: una volta al mese e sotto strettissima sorveglianza della polizia penitenziaria. La disposizione del ministero della Giustizia fa seguito al procedente pronunciamento del Riesame, il quale a settembre aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico della capoclan secondiglianese. Le intercettazioni raccolte durante l’inchiesta che ha portato al fermo di Maria Licciardi, 70 anni, boss tra i più potenti della camorra napoletana e non solo, confermano il profilo delineato in anni di cronache giudiziarie: donna fredda, lucida, dalla moderna mentalità imprenditoriale ma anche dura e inflessibile.
Come quando convocò un esponente di un clan alleato, reo di aver contattato un politico a lei vicino senza chiederle prima il permesso; e nell’occasione lo rimprovera per non aver portato abbastanza voti a quel candidato, che non era stato eletto alle regionali del 2020 in Campania. Negli ultimi giorni gli investigatori avevano notato segnali di nervosismo nel clan, e conoscendo la capacità di dileguarsi di lady camorra - pronta a nascondersi ai primi segnali di pericolo, già sfuggita due volte all’arresto in passato - non hanno voluto correre rischi. Il pool che indaga sulla boss (sostituti procuratori Giuseppina Loreto, Celeste Carrano e Antonella Serio) ha così subito disposto il fermo. Quando Licciardi si è vista circondare dai militari ha perso solo per un istante la sua proverbiale freddezza: all’invito a rimanere calma, ha risposto sbottando «ma quale calma, mi state arrestando». Agli atti dell’inchiesta ci sono numerose intercettazioni da spiegare, come quella sul candidato alle Regionali. La capoclan deve però rispondere soprattutto di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e turbativa d’asta. Ma ora lo farà dal carcere duro.
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