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08 Dicembre 2021 - 07:00
Ridotta a una vegetale dopo la rapina, Luigi Frenna confessa ed evita la stangata: il pm aveva chiesto 10 anni
NAPOLI. Il babybandito che la scorsa estate ha quasi ucciso in via Salvator Rosa la commerciante Patrizia Petrone confessa nell’udienza conclusiva del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato ed evita la stangata. Il gip del tribunale di Napoli ha inflitto a Luigi Frenna sette anni di reclusione, tre in meno rispetto alle pena invocata dalla pubblica accusa. Il verdetto pronunciato ieri pomeriggio non ha dunque soddisfatto i familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Enrico D’Ascia, i quali alla vigilia della sentenza avevano rivolto un accorato appello al giudice affinché non fosse fatto alcuno sconto all’imputato. Patrizia Petrone, dopo la rovinosa caduta dallo scooter nella quale è incappata durante la rapina, ha riportato delle conseguenze fisiche a dir poco invalidanti e ancora oggi, nonostante gli interventi chirurgici ai quali è stata sottoposta, versa in gravissime condizioni, seppur non più in pericolo di vita.
Tornando all’udienza celebrata ieri mattina, l’imputato Luigi Frenna - il complice sarà processato nei prossimi mesi innanzi al tribunale minorile - ha reso una lunga dichiarazione spontanea, con la quale ha esternato al giudice e ai parenti della vittima il proprio rammarico per il balordo gesto di cui si è reso responsabile lo scorso luglio. Il 20enne, oltre ad aver ammesso gli addebiti, ha spiegato di essere profondamente dispiaciuto per l’accaduto e che mai avrebbe voluto fare del male alla donna. Il gip, preferendo forse non calcare la mano, l’ha dunque condannato a sette anni per rapina e lesioni: una pena tra l’altro inferiore rispetto a quanto chiesto dalla Procura, che in sede di requisitoria aveva invocato per Frenna dieci anni di carcere.
La partita giudiziaria non è però conclusa e nelle prossime settimane inizierà anche il processo che vedrà alla sbarra il complice minorenne di Frenna, per il quale sono state formulate i medesimi capi di imputazione. Giuseppina Russo, una dei quattro figli di “zia Patrizia”, l’altro ieri aveva lanciato un appello ai giudici, rivolgendo loro il proprio grido di dolore: «La mia adorata mamma - afferma la donna - dopo cinque lunghi mesi versa ancora in condizioni critiche, un evento provocato dall’istinto animalesco di due esseri ignobili che una sera d’estate hanno cambiato e distrutto la vita di mia mamma dopo una lunga e onesta giornata di lavoro». La signora Russo lanciava quindi un appello a chi dovrà giudicare i due presunti responsabili del brutale raid: «Confido in una condanna equa e proporzionata al reato commesso, ma in ogni caso si tratterà di una condanna che non potrà mai avere il peso di quella che la mia cara mamma è tutt’ora costretta a vivere contro la sua volontà, pur non avendo mai commesso alcun reato. Ad oggi non sappiamo ancora quale sarà il destino di mia mamma». Patrizia Petrone, nonostante i numerosi e delicati interventi chirurgici ai quali è stata sottoposta in questi mesi, versa infatti ancora in condizioni gravissime. La donna ad oggi non è in grado di comunicare con i parenti, rimanendo di fatto in un profondo - si spera non irreversibile - stato di incoscienza.
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