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09 Dicembre 2021 - 17:48
NAPOLI. Il fatto non sussiste, assolto l'avvocato Antonio "Pippo" Nardone. Era accusato di turbativa d'asta in un procedimento filone dell'inchiesta sulla Coppa America. La sentenza quesa mattina emessa dal giudice monocratico, dottoressa Paola Valeria Scandone, della settima sezione penale del Tribunale di Napoli. Accolta quindi la richiesta del pm dottoressa Giorgia De Ponte. Nardone, con altri imputati, era stato rinviato a giudizio per turbativa d'asta ed era stato già scagionato dall'accusa di associazione per delinquere nell'ambito della stessa inchiesta. Nardone ha espressamente voluto rinunciare alla prescrizione, sottoponendosi da solo al processo, conclusosi stamattina con l'assoluzione. Le accuse rivolte all'avvocato Nardone - difeso dai penalisti Giovanni Battista Vignola e Gino Fabio Fulgeri - erano riferite al suo ruolo di esperto di diritto amministrativo nell'ambito delle procedure per la preparazione e la realizzazione dell'importante evento sportivo, svoltosi ad aprile del 2012. L'assoluzione definitiva giunge a quasi dieci anni dai fatti contestati. L'avvocato Nardone ha espresso "viva soddisfazione per la sentenza", lodando l'attività del giudice e del pm d'udienza, ma ha espresso «forte amarezza per i tempi e i modi del procedimento». «Nei casi di statuto penale misto, in cui i presupposti di rilevanza e di qualificazione di un certo fatto penale dipendono da come si risolvano certe questioni o problematiche amministrative - ha detto l'avvocato Nardone - bisogna avere una solida attrezzatura nel campo del diritto amministrativo, soprattutto in materia di appalti e di urbanistica, altrimenti si rischia di imbastire processi enormi fondati sul nulla. Certo, si tratta di branche estremamente specialistiche, ma quando ci sono dei dubbi non ci si affida a una rapida scorsa di massimari di giurisprudenza o, come talora capita, ad architetti ed ingegneri, ma ad avvocati o esperti amministrativisti». «Questa sentenza - conclude - spero restituisca agli avvocati la libertà di poter fare il proprio lavoro senza la paura e il rischio di incorrere in una responsabilità penale per avere dato un parere, per aver elaborato una opinione, per avere interpretato la legge. Dare rilevanza penale alla prestazione professionale è un abominio sia da un punto di vista culturale e logico, sia da un punto di vista giuridico. Mi si consenta di aggiungere anche che la stampa dovrebbe essere piu' sobria nell'approccio a certe indagini che da subito appaiono sproporzionate».
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