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10 Dicembre 2021 - 13:31
«In questa fase politica nella quale, forse anche giustamente, c'è un'attenzione particolare sugli interventi della magistratura, mi sembra inopportuno l'esercizio di una doppia funzione in contemporanea». A dirlo è Gennaro Marasca, una lunga carriera in Magistratura, già componente del Csm e presidente di sezione della Corte di Cassazione, dal 1994 al 1997 assessore della Giunta comunale di Napoli guidata da Antonio Bassolino, commentando all'Adnkronos il caso di Catello Maresca, consigliere comunale di centrodestra a Napoli, da ieri rientrato in magistratura dopo l'aspettativa richiesta e ottenuta per la candidatura a sindaco alle scorse amministrative.
Catello Maresca sarà giudice presso la Corte d'Appello di Campobasso, lo stesso ruolo che il quasi omonimo Marasca ricopriva mentre era componente della prima Giunta Bassolino. È uno dei diversi tratti comuni tra le due vicende, ai quali però Marasca affianca le «differenze» sostanziali, a partire «dai contesti storici e politici. Oggi - spiega il magistrato in pensione - il quadro politico e storico è molto diverso da quello di trent'anni fa e anche la sensibilità politica è diversa rispetto ad allora. Mi pare che in questa fase la coscienza sociale del Paese rifiuti questa possibilità di doppia funzione e penso che un intervento sia inevitabile". Una seconda differenza tra le due vicende, non meno importante, che sottolinea Marasca, è che "io non mi sono mai presentato ad elezioni politiche né ho mai parteggiato per qualche schieramento. Sono stato invitato come tecnico a collaborare a un'esperienza di Giunta, non ho mai cercato voti da nessuna parte. Questo mi pare che sia un tratto distintivo che andrebbe messo in evidenza».
«Il collega Maresca ha partecipato a delle elezioni, quando si partecipa ad elezioni si richiedono voti, non è proprio la stessa cosa rispetto alla mia vicenda». Nella prima Giunta Bassolino, Marasca ha ricoperto il ruolo di «assessore al patrimonio con diverse deleghe: trasparenza, decentramento amministrativo, patrimonio. Erano deleghe prevalentemente di controllo della regolarità dell'esecuzione di gare e contratti, di garantire attraverso il decentramento e la trasparenza una maggiore partecipazione civica ai processi decisionali. Naturalmente - riconosce Marasca - è indubbio che, se fosse stata una Giunta lontana dalle mie idee e dai miei ideali, non avrei accettato di partecipare. Quella mi sembrava una fase molto delicata, era la prima volta che c'erano elezioni dirette dei sindaci e c'era una grossa speranza di rinnovamento delle singole città, quindi non mi sentii di non partecipare a questo processo».
Sulla questione delle «porte girevoli» e sui magistrati in politica, tornata al centro del dibattito nazionale dopo l'intervento del ministro della Giustizia Marta Cartabia, Marasca fa notare come questa sia «una sensibilità tutta politica che si è sviluppata negli ultimi tempi in Italia. Ricordo che in alcuni paesi civilissimi i pubblici ministeri e i giudici vengono eletti e nessuno fa questioni su questo punto. Negli Stati Uniti i pubblici ministeri sono eletti e i giudici sono nominati da chi detiene il potere politico e questo non crea scandalo, nella civilissima Svizzera molte cariche sono elettive».
«In Italia c'è questa particolare sensibilità anche per alcune vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti esponenti politici ai massimi livelli, quindi mi rendo conto che c'è una particolare attenzione al tema». Secondo Marasca, «bisogna essere molto prudenti e attenti se si vuole porre una legge più restrittiva. Non si può limitare la possibilità per i magistrati di partecipare alle elezioni, perché non possono essere privati dell'elettorato passivo, e anche impedire il rientro dopo l'esperienza politica significherebbe di fatto escludere l'elettorato passivo, perché se si può svolgere il mio mestiere dopo l'esperienza politica non ci si presenta, quindi elettorato passivo è comunque limitato».
«È un tema complicato e delicatissimo, perché sono in gioco anche valori costituzionali, non solo l'indipendenza e l'autonomia della magistratura ma anche il diritto di ogni cittadino di partecipare alla vita politica e pubblica del nostro Paese. Una soluzione potrebbe essere non impedire il rientro, ma avviare il giudice che rientra dopo un'esperienza politica a delle funzioni di tipo diverso, per esempio di carattere amministrativo al Ministero della Giustizia, dove sono previsti posti solo per magistrati».
Resta aperta la questione dello svolgimento contestuale dell'attività politica e della professione di magistrato; in questo caso, Marasca riconosce che «con il clima politico esistente è difficile per un magistrato che si presenti a elezioni continuare a esercitare serenamente la propria professione, cosa che prima era possibile. Questo andrebbe disciplinato meglio e penso che sia nelle cose che ci sarà un intervento, speriamo il più equilibrato possibile, che tenga conto di tutti gli elementi in gioco. Penso che sia pressoché inevitabile: in politica - conclude Maresca - bisogna anche avere anche la sensibilità di avvertire ciò che l'opinione pubblica in una certa fase richiede, e mi pare che oggi si richieda anche questo».
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