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23 Gennaio 2022 - 18:45
NAPOLI. «C’ero anche io la notte del pestaggio a quel ragazzo di Melito. Eravamo con 2 macchine: nella mia con me c’erano Dylan Di Natale e Salvatore Lucarelli; nell’altra Salvatore Petriccione junior con altri ragazzi che non conoscevo. Arrivati nei presi dello stadio “Landieri” ho notato che era ferma una Clio con un giovane a bordo da solo. Petriccione è sceso dalla sua auto e ha avuto un acceso diverbio con lui, poi sono sopraggiunti Di Natale e Lucarelli». Uno degli indizi a carico di Salvatore Petriccione junior (nella foto), in arresto da giovedì sera per il pestaggio al 20enne Giuseppe T., è rappresentato dalla testimonianza di uno dei coetanei usciti con lui quella sera. Il quale ha raccontato, ed è creduto dagli inquirenti, che non sapeva delle intenzioni dell’amico né dell’appuntamento-trappola alla vittima attraverso il falso profilo instagram “Anna”.
Ecco altri passaggi della sua deposizione, con la premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. Va anche sottolineato che, oltre al destinatario del provvedimento restrittivo, non ci sono altri indagati. «Salvatore Petriccione è uscito dalla macchina e ha avuto un confronto verbale con l’altro. Nel frattempo lo hanno raggiunto Di Natale, Lucarelli e gli altri ragazzi che stavano in auto con lui. Giuseppe per la paura si è barricato nella sua vettura e non riuscendo a farlo uscire, uno di loro con un girabacchino ha infranto il finestrino anteriore. Io mi sono allontanato di un centinaio di metri con la Panda per non essere coinvolto. Dopo qualche minuto Di Natale e Lucarelli mi hanno raggiunto, esortandomi a mettere in moto e a allontanarmi senza darmi spiegazioni. Il giorno dopo mi hanno spiegato che il motivo dell’aggressione stava nel fatto che Giuseppe avrebbe raccontato all’ex fidanzato, che poi l’aveva detto in giro, di “Wschifare” Salvatore Petriccione».
Giuseppe fu soccorso e ricoverato in prognosi riservata al Cardarelli, ma inizialmente è stato molto reticente con gli investigatori. Solo alla fine, dopo mesi di indagini, si è aperto un po’ di più ma sempre senza fare i nomi. Al padre avrebbe però fatto qualche confidenza, raccontandogli di aver riconosciuto tra gli aggressori Salvatore Petriccione junior. Avrebbe anche aggiunto di essere stato rapinato del cellulare per non dire la verità nemmeno in famiglia, dimenticandosi però che utilizzando nelle ore successive il telefonino i carabinieri hanno scoperto che la rapina non si era verificata. Le indagini sono partite dal sistema “cattura targhe”, attraverso il quale si è risaliti a una Panda scura venduta da una società di noleggio a un privato, il quale ha riferito che l’auto era utilizzata dai 2 figli, uno dei quali amico di Salvatore Petriccione. Infatti la sera del 7 gennaio il gruppetto arrivò allo stadio ”Landieri” con 2 macchine, ma non c’è prova che le intenzioni del figlio del “Marenar” fossero conosciuti dagli altri. Ecco perché al momento l’unico indagato è il 20enne (da considerare innocente fino all’eventuale condanna definitiva).
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