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Ugo Russo, condanne soft per la guerriglia

Ugo Russo, condanne soft per la guerriglia

Gli otto imputati per gli spari contro la caserma e i disordini al Pellegrini evitano la stangata

NAPOLI. Niente stangata nel giudizio di secondo grado per i responsabili della notte di guerriglia scoppiata in seguito all’omicidio del babyrapinatore Ugo Russo. A vario titolo accusati di aver esploso diversi colpi di pistola contro la caserma “Pastrengo” e poi messo a soqquadro il pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini, i parenti e gli amici del giovane scomparso hanno, sì, rimediato otto condanne, ma il verdetto d’appello si è rivelato ben più morbido rispetto a quelle che erano state le richieste di pena avanzate dal pm in sede di requisitoria.

La sesta sezione della Corte d’appello di Napoli ha inflitto a Salvatore Mazzocchi (nella foto a sinistra), difeso dall’avvocato Giuseppe De Gregorio, 1 anno e 5 mesi a fronte dei precedenti 2 anni e, soprattutto, degli 8 anni inizialmente richiesti dalla pubblica accusa. Giovanni Grasso “Ivan” (nella foto a destra), anch’egli assistito dal penalista De Gregorio, dopo aver ammesso la propria partecipazione alla sparatoria e ai disordini in corsia, ha rimediato 6 anni: uno in meno rispetto al primo grado. Vincenzo Sammarco ha incassato 4 anni e 6 mesi, a fronte dei precedenti 5 anni. I giudici d’appello hanno ridotto la pena a 3 anni e 7 mesi la pena inflitta a Lucia Palumbo, difesa da Sergio Mottola, Maria Pia Russo, Salvatore Grasso e Gennaro Mancini. Confermata invece la condanna inflitta a Michele Incoronato: 3 anni e 8 mesi. Già nel giudizio di primo grado celebrato con il rito abbreviato - vale la pena ricordarlo - si erano costituiti parti civili l’Asl Napoli 1 Centro, il ministero dell’Interno e i tre poliziotti (uno in servizio al commissariato San Carlo Arena, due all’Ufficio prevenzione generale della questura) oggetto delle minacce della gang durante il brutale assalto al presidio sanitario della Pignasecca. L’escalation era divampata nel giro di pochi istanti. Alle 3,30 del mattino dell’1 marzo del 2020 viene constatato il decesso di Ugo Russo.

Otto minuti dopo i medici del Pellegrini comunicano ai congiunti la notizia della morte del 15enne. All’interno del pronto soccorso, dove sono presenti circa cento conoscenti del ragazzino, scoppia l’apocalisse. I più facinorosi si scagliano con inaudita violenza contro le apparecchiature mediche, i monitor e le barelle. Nel mirino finisce anche un’auto di servizio della polizia di Stato e tre agenti, in particolare, vengono minacciati da Salvatore Mazzocchi e Giovanni Grasso: «Non vicredete che le pistole le avete solo voi, anche noi le abbiamo». Furono di parola. Poco più tardi, infatti, almeno due colpi d’arma da fuoco vengono esplosi all’indirizzo della caserma che ospita il comando provinciale dei carabinieri, in di via Morgantini. A dare fuoco alla polveri, secondo la linea accusatoria, sarebbe stato Grasso junior, cugino del 15enne ucciso poco prima a Santa Lucia, il primo a mettere a soqquadro l’ospedale. Le indagini, grazie alle testimonianze dei presenti e alle immagini delle telecamere, hanno però fatto rapidamente il proprio corso. L’iter giudiziario si è però rivelato in seguito tutt’altro che semplice, tant’è che attualmente tutti gli imputati, a eccezione di uno, hanno da tempo lasciato il carcere. Le pene inflitte si sono poi rivelate inferiori rispetto alle aspettative.

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