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01 Febbraio 2022 - 08:00
Le vittime erano imparentate con l’ex killer e il capopiazza dei “Capitoni”. Mattanza al Don Guanella, uccisi Pasquale Torre e Giuseppe Di Napoli
NAPOLI. Da ieri non è più di serie B la guerra di camorra che si combatte a Miano, tra alti e bassi, da 10 anni, terza per durata solo a quelle di San Giovanni a Teduccio (30) e Pianura (20). Il duplice omicidio delle 16,10 nel rione Don Guanella, il quarto da quando infuria la lotta di successione nell’ex regno dei Lo Russo, ha convinto ancora di più inquirenti e investigatori che è diventata una polveriera la vasta area del quartiere Secondigliano confinante con Capodimonte. Negli ultimi mesi sotto attacco è finito il gruppo di “Miano di sopra” (ScognamiglioCifrone), presumibilmente da parte di “Miano di sotto” (PecorelliBalzano), ma le indagini si starebbero spostando anche nella roccaforte dei Licciardi alla Masseria Cardone e alla Vanella Grassi, quartier generale dei “girati”.
E comunque in precedenza erano stati i nemici a subire. L’ultimo sussulto di una delle tre faide infinite di Napoli ha lasciato a terra senza vita Pasquale Torre, 47enne fratello del pentito Mariano (killer di Genny Cesarano tra l’altro), e Giuseppe Di Napoli, 34, figlio del più noto Carmine detto “Miniello”. I due amici, già conosciuti dalle forze dell’ordine e ritenuti vicini al gruppo di “Miano di sopra”, erano a bordo di una “Punto” bianca in via Don Guanella, nel Parco dei Colombi, quando sono sopraggiunti i sicari su uno scooter. Per il luogo e l’orario dell’agguato gli investigatori più esperti non escludono l’ipotesi di una trappola in cui sarebbero cadute le vittime, fidandosi delle persone sbagliate. Ma per il momento la pista più seguita conduce a un attacco in territorio nemico da assassini che seguivano la macchina.
L’allarme è scattato immediatamente e sul posto sono accorsi per primi i poliziotti della squadra giudiziaria del commissariato Scampia (dirigente Bruno Mandato, ispettore superiore Lorenzo Stabile), che conducono le indagini con i colleghi della Omicidi della Squadra mobile della questura (dirigente Alfredo Fabbrocini, vice questore Marika Viscovo). Investigatori esperti che, coordinati dalla Dda, avrebbero già imboccato una pista precisa e tenderebbe a escludere l’ipotesi di una vendetta trasversale per il pentimento di Mariano Torre. Troppo tempo è passato da quando l’ex killer dei Lo Russo fece luce su diversi omicidi, tra cui quello dell’innocente Gennaro Cesarano detto “Genny”, ucciso a 17 anni in piazza Sanità nel corso di una sparatoria nel mucchio ordinata da Carlo Lo Russo (anch’egli ora collaboratore di giustizia) per uccidere il ras rivale Pietro Esposito soprannominato “Pierino” (poi ammazzato tempo dopo sempre in quella zona mentre era in sella a una motocicletta). Le dichiarazioni del capo e del braccio armato hanno permesso di fare luce su quella tragica notte in ogni dettaglio e portare alla sbarra i presunti colpevoli. Ieri pomeriggio dunque, è andato in scena l’ultimo atto di una guerra spietata originata dal declino dei Lo Russo e passata attraverso varie fasi: dalla guerra ai Nappello, eredi dei “Capitoni”, da parte degli “scissionisti”; la lotta tra questi ultimi e un gruppo che a sua volta si rese autonomo; i Cifrone contro i Balzano-Scarpellini: gli Scognamiglio in guerra con i Pecorelli (spalleggiati secondo alcuni investigatori dalla “Vinella”).
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