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06 Febbraio 2022 - 17:56
NAPOLI. «La destinazione non è mai un luogo, ma il nuovo modo di vedere le cose», diceva Henry Miller, genio artistico e autorevole narratore di viaggi. Che non sono solo la scoperta della città, di cui apprezzi le sette o trentasette meraviglie, ma come esso ti cambia. Ebbene, non sono serviti treni, aerei o navi, è bastato arrivare in un quartiere della periferia di Napoli, Piscinola precisamente, per riuscire a realizzare il vero senso del viaggio.
Ad una manciata di minuti dalla stazione della metropolitana del Frullone, all’interno di un parco residenziale in via Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si trova il tempio buddhista theravada più grande d’Europa (foto Enza Ruggiero). Il ramo theravada è una delle più antiche forme di buddhismo sviluppatesi in India a seguito della morte del Buddha. Arrivati dinanzi al tempio, tra l’altro, aperto ogni giorno, ci si imbatte in un imponente portone giallo, colore non casuale: il giallo ha un alto valore simbolico in questa cultura.
Anche le vesti dei monaci, infatti, sono di colore giallo ambra, colore della caducità. I monaci provengono dallo Sri Lanka e si occupano quotidianamente del tempio. Ma come si è sviluppato in modo così forte a Napoli il buddhismo e in particolare la cultura theravada? Quella della comunità buddhista a Napoli è stata una crescita progressiva iniziata più di vent’anni fa, quando si riuniva in una saletta dedicata alla meditazione in via Santa Teresa degli Scalzi.
La così ampia diffusione, poi, è analoga al processo che ha portato il buddhismo a svilupparsi in Europa. Ciò che attrae è l’innovazione che esso porta, estraneo alla conoscenza tipica occidentale. Praticando il buddhismo non aspettatevi di volare in cielo dopo la morte, di compiere miracoli o conoscere l’avvenire. Lo scopo principale della pratica è dominare la propria mente. Se si volesse compendiare l’essenza del buddhismo in una frase, non potrebbe essere che questa: tutto è impermanente e doloroso, la vita è qui ed ora. Ciò, unito alla costante presenza di persone che praticano questo culto già da tempo, ed anche alla malleabilità della cultura che riesce a mescolarsi all’interno della società in cui si sviluppa, ha realizzato il processo di veloce diffusione.
Ovviamente, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza una buona accoglienza e disponibilità da parte dei cittadini locali, che, al contrario, incuriositi si recano quotidianamente al tempio; come ci ha riportato l'abate Panangala Vajragnana (il monaco che svolge la funzione di abate del tempio e che con espressione di riguardo e insieme di affetto tutti chiamano “Bhante”), che ci ha accompagnato in questo viaggio alla scoperta di un nuovo modo d’intendere la vita, sempre più insito nel quotidiano napoletano.
Il confronto con lui, unito alla disponibilità di Antonio Nemolato e all’atmosfera mistica che si vive all’interno della straordinaria struttura, ha dato vita ad un vero e proprio viaggio. Estremamente degno di nota, infine, il decorato recinto in cui si può ammirare l’altare con la statua di Buddha, l’albero della Bodhi, simbolo del raggiungimento del Nirvana e persino la stupa, una costruzione dove è custodita una piccola reliquia legata alla figura del Buddha che risale a oltre 2.500 anni fa e che l’abate Pangala Vajragnana ha avuto in dono nella sua terra d’origine.
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