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Trema l’impero degli Abbinante: «Droga, accordo con i Licciardi»

Trema l’impero degli Abbinante: «Droga, accordo con i Licciardi»

 Il pentito Rignante: «Ma a Raffale non dichiaravamo tutte le forniture». Svelato il patto con la Masseria: «Ogni due settimane 15 chili di hashish»

NAPOLI. Con il ritorno in libertà dello storico boss, i re del rione Monterosa di Scampia erano pronti a riconquistare l’egemonia persa durante la deludente reggenza dei rampolli Arcangelo e Francesco Abbinante. Fu così che Raffaele Abbinante, sponsorizzato dallo zio Antonio Abbinante appena scarcerato e appoggiato da un manipolo di fedelissimi, si è fatto avanti stringendo un patto di ferro con i ras della Masseria Cardone, cioè il gruppo Licciardi, dai quali avrebbe poi ricevuto una valanga di hashish. In ballo c’era il controllo dello spaccio di droga all’ombra delle Vele, vero “core business” del cartello scissionista, e l’obbiettivo fu effettivamente raggiunto: «Concluso l’accordo, da quel giorno, ogni dieci-quindici giorni, ci venivano consegnati dieci-quindici chili di hashish che io andavo a prendere». Parola di Luigi Rignante, ex uomo di punta degli Abbinante, pentitosi in estate dopo aver scoperto la volontà della sua cosca di assassinarlo per la relazione sentimentale avuta con la moglie del capozona Mari. Rignante, come anticipato ieri dal “Roma, ha già fatto luce su cinque gravi fatti di sangue, tra cui il recentissimo omicidio di Vincenzo De Luca. L’ormai ex capopiazza del Monterosa ha fornito ampie delucidazioni anche in merito alle gerarchie interne alla cosca e ai rapporti “commerciali” che questa ha intrattenuto.

Sul punto, il 26 luglio il neo pentito ha fornito ai pm della Dda di Napoli un inedito retroscena, il patto con il temibile clan Licciardi: «Tornando ai rifornimenti dalla mia piazza - ha messo a verbale - per integrare le scarse forniture, ci siamo rivolti alla Masseria Cardone, capeggiata da Antonio Michelò. Raffaele (Abbinante, figlio di Guido, ndr) mi disse che ci facevano sapere. Uscito Paolo Ciprio dal carcere, persona conosciuta nell’ambiente, Raffaele Abbinante andò un’altra volta a parlare, insieme a Ciprio, alla Masseria e conclusero l’accordo. So queste cose perché Raffaele si confidava con me. Da quel giorno ogni 10-15 giorni ci venivano consegnati 10-15 chili di hashish che io andavo a prendere». Dopo quasi un anno i carichi iniziarono a diminuire e, al contempo, il prezzo del “fumo” schizzò da 1.000 a 5.000 euro al chilo:«Abbiamo quindi fatto ricorso a Giovanni Gelsomino - ha spiegato Rignante - il broker del clan, che da allora in poi ci ha aiutato, nel senso che lui procurava l’hashish sul mercato e ce lo dava a noi per farcelo vendere. Da questo periodo in poi ho cominciato a fare 2.000 euro al mese a Raffaele. Qualcosa facevamo però anche sotto banco, nel senso che non tutto quello che acquistavamo da Gelsomino dichiaravamo a Raffaele Abbinante».

Il neo pentito ha infine descritto il funzionamento della piazza della “33”, vera roccaforte del clan: «Si vende crack, eroina, erba, cocaina, kobret, hashish. Nell’ultimo periodo era Salvatore Mari “’o tenente” a gestirla». I singoli “settori” sarebbero stati invece guidati da Claudio Di Napoli, Antonio Esposito e il defunto Vincenzo De Luca, poi sostituito da Salvatore Morriale.

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