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Gli Scissionisti in fibrillazione: il boss Riccio lascia il 41-bis

Gli Scissionisti in fibrillazione: il boss Riccio lascia il 41-bis

Carcere duro in bilico per il genero del capoclan: giallo sul ruolo verticistico. La Cassazione annulla il decreto, la palla passa di nuovo alla Sorveglianza

NAPOLI. Il boss del clan degli Scissionisti Mariano Riccio lascia il carcere duro. Dopo la recentissima sentenza con cui la Corte d’appello di Napoli l’ha, sì, condannato a tredici anni di reclusione, ma al tempo stesso ne ha escluso il ruolo verticistico all’interno della cosca, la Cassazione - che già aveva disposto la celebrazione del nuovo processo d’appello proprio in ordine a quell’aggravante - ha annullato il decreto di 41-bis, chiamando il tribunale di Sorveglianza di Roma a una nuova valutazione che tenga conto degli ultimi verdetti.

Dopo anni di ininterrotta detenzione in regime di isolamento, il genero del capoclan Cesare Pagano potrebbe dunque davvero lasciare il 41-bis. La partita giudiziaria non è ancora conclusa, ma intanto i suoi legali, gli avvocati Domenico Dello Iacono e Barbara Amicarella, hanno già ottenuto un primo, clamoroso risultato: l’annullamento dell’ultimo decreto di carcere duro, con conseguente trasmissione degli atti alla Sorveglianza, che dovrà adesso valutare con estrema cautela il da farsi. Gli stessi giudici di merito negli ultimi due anni sono stati più volte chiamati a pronunciarsi in merito all’effettiva portata dei trascorsi criminali di Mario Riccio, alias “Mariano”.

Il secondo verdetto dalla Corte d’appello, dopo il precedente annullamento della Cassazione, è arrivato nel novembre scorso, quando al presunto capo della fazione maranese degli Amato-Pagano sono stati inflitti tredici anni di carcere, tre in meno rispetto alla precedente condanna di secondo grado. La sentenza aveva sostanzialmente detto “no” alla ricostruzione degli inquirenti secondo cui Mariano Riccio, dopo la cattura di Cesare Pagano, sarebbe stato investito della totale e incondizionata gestione del clan: tanto drendersi protagonista di una feroce espansione anche sul territorio di Marano, oltre che sulla periferia nord di Napoli. A inchiodarlo allo status di boss ci avevano pensato, oltre ad alcuni importanti collaboratori di giustizia, anche diverse intercettazioni ambientali. Su tutte quelle che hanno consentito di registrare la voce dell’affiliato e coimputato Vincenzo Aletto, il quale, commentando in diretta l’avvenuta cattura di Riccio si domandava chi avrebbe pagato da quel momento in poi le “mesate” agli uomini dell’organizzazione.

La pubblica accusa, dal canto proprio, aveva invocato qualcosa come oltre quattro secoli di carcere: questa la richiesta del pm della Dda contro il gruppo di presunti trafficanti di droga al servizio del clan Amato-Pagano. Alla sbarra erano così finiti tutti i personaggi ritenuti di spessore all’interno della cosca ritenuta diretta dallo scissionista Mariano Riccio. Ad oggi, vale la pena ricordarlo, il genero del boss Pagano ha incassato un solo ergastolo, tra l’altro non definitivo, per l’omicidio del ribelle della Vanella Grassi Pasquale Malavita; e diverse clamorose condanne al ribasso, su tutte quella ad appena vent’anni per l’assassinio di Antonio D’Andò. Nonostante ciò il presunto capo dei “maranesi” rischia adesso di non tornare più al carcere duro.

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