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Giuliacci e il possibile disastro: «Guerra nucleare? Farà più vittime il clima che le armi atomiche»

Giuliacci e il possibile disastro: «Guerra nucleare? Farà più vittime il clima che le armi atomiche»

Il colonnello Giuliacci: “In caso di guerra nucleare più vittime da clima che da armi atomiche”

Il colonnello Mario Giuliacci spiega a Fanpage.it perché nel caso in cui scoppiasse una guerra nucleare ci sarebbero molte più vittime per il clima che non per le armi atomiche:

“Si verrebbe a creare un vero e proprio inverno nucleare capace di cambiare profondamente l’intero nostro Pianeta”.

 Il che non significa assolutamente che Mosca intenda utilizzare le armi atomiche ma di certo la minaccia è arrivata forte e chiara soprattutto ai leader della Nato.

«Un eventuale conflitto nucleare avrebbe effetti disastrosi su gran parte del Pianeta, e non solo in termini di vittime dirette di questi letali e spaventosi ordigni ma anche come brusche e intense modificazioni del clima del pianeta. Alcuni studiosi hanno simulato gli effetti sul clima per due diversi scenari: il primo prevedeva l’eventualità di una guerra nucleare totale utilizzando tutto il loro arsenale noto e meno noto, il secondo invece una guerra meno cruenta in cui venisse utilizzato solo un terzo di tale arsenale».

A preoccupare è il cosiddetto inverno nucleare: «Il fumo e il pulviscolo generati da una guerra nucleare infatti sarebbero in grado di provocare un brusco e deciso cambiamento climatico dalle conseguenze disastrose per l’umanità intera, al punto da causare un numero di vittime maggiore delle bombe stesse».

 

Farà più vittime il clima che le armi atomiche

 

Un eventuale conflitto nucleare avrebbe effetti disastrosi su gran parte del Pianeta, e non solo in termini di vittime dirette di questi letali e spaventosi ordigni ma anche come conseguenze indirette del loro utilizzo. Il fumo e il pulviscolo generati da una guerra nucleare infatti sarebbero in grado di provocare un brusco e deciso cambiamento climatico dalle conseguenze disastrose per l’Umanità intera, al punto da causare un numero di vittime maggiore delle bombe stesse.

 

Questi almeno sono gli sconvolgenti risultati di una ricerca condotta da Alan Robock, professore di climatologia alla Rutgers University del New Jersey, e da alcuni suoi colleghi. In particolare secondo gli studiosi nell’eventualità di una guerra nucleare il problema sarebbe la densa coltre di fumo prodotta dalle esplosioni: uno spesso strato opaco che avvolgerebbe tutto il Pianeta riflettendo una bella fetta della radiazione solare e causando così un drastico crollo della produzione agricola capace di scatenare una carestia a livello globale senza precedenti nella Storia.

 

Per arrivare a questi risultati Robock e colleghi hanno utilizzato un modello di simulazione del clima in grado di riprodurre le dinamiche atmosferiche di tutta l’Atmosfera, compresa la Mesosfera, e quindi dalla superficie fino a circa 80 chilometri di quota. Gli studiosi hanno quindi simulato gli effetti sul clima per due diversi scenari: il primo prevedeva l’eventualità di una guerra nucleare totale, in cui USA e Russia utilizzino tutto il loro arsenale (circa 20 000 ordigni nucleari), il secondo invece una guerra meno cruenta in cui venisse utilizzato solo un terzo di tale arsenale.

Ebbene, nel caso della guerra più cruenta, con l’utilizzo dell’intero arsenale, in base alle simulazioni al computer si verrebbe a creare un vero e proprio inverno nucleare capace di cambiare profondamente l’intero nostro Pianeta: molta della fuliggine prodotta infatti rimarrebbe sospesa nell’Atmosfera per oltre un decennio, causando in brevissimo tempo un crollo delle temperature medie di circa 7 °C e una diminuzione della piovosità a livello planetario di circa la metà, con effetti devastanti sulla produzione agricola di tutto il Pianeta e di conseguenza anche una carestia senza pari nel passato.

Ma anche nel caso di un conflitto “limitato”, con l’utilizzo di “appena” un terzo del totale degli ordigni, gli effetti sull’Umanità sarebbero disastrosi: benchè caratterizzato da una diminuzione delle temperature di “appena” 3-4 °C e da una riduzione della piovosità globale di “solo” il 25%, il brusco cambiamento climatico sarebbe infatti altrettanto persistente (una decina d’anni) e quindi condurrebbe anch’esso inevitabilmente a un gravissimo ed eccezionalmente lungo periodo di carestia.       

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