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Omicidio di Vincenzo Masiello, calvario finito per Cammarota

Omicidio di Vincenzo Masiello, calvario finito per Cammarota

La vittima fu uccisa per uno schiaffo alla mamma del ras. Accuse in frantumi dopo 10 anni, assolto il presunto babykiller

NAPOLI. Ha trascorso quasi un terzo della propria vita sotto il peso di un’accusa devastante: quella di essere uno dei corresponsabili dell’omicidio di Vincenzo Masiello, il giovane esponente dell’omonima famiglia di mala di Quartieri Spagnoli trucidato il 21 settembre 2012 a largo Baracche. Dopo un interminabile iter processuale, Matteo Cammarota, grazie soprattutto alla tenacia del suo difensore, l’avvocato Giuseppe De Gregorio, può però finalmente mandare in archivio il ricordo di quella sanguinosa vicenda. La Corte d’assise d’appello presso il tribunale per i Minorenni - il presunto sicario non aveva ancora compiuto diciotto anni all’epoca dei fatti - l’ha infatti assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Il verdetto dei giudici d’appello costituisce un vero e proprio ribaltone rispetto alla precedente sentenza. Già in primo grado Matteo Cammarota aveva infatti ottenuto l’assoluzione e la scarcerazione, ma in seguito la Corte d’assise d’appello, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ne aveva stabilito la colpevolezza condannandolo a dieci anni di reclusione. Partita chiusa, dunque?

Neanche per sogno. A spuntarla in Cassazione sono state infatti le argomentazioni sostenute dal legale del giovane: il penalista De Gregorio ha infatti dimostrato che il processo di secondo grado non era stato celebrato correttamente sotto il profilo della rinnovazione e nel mirino della difesa era finita in particolare l’escussione del teste chiave, il killer reo confesso Gennaro Ricci “’o cecato”, che non sarebbe stato interrogato in maniera corretta. O meglio, quando esposto in aula dal giovane ras dei Quartieri non avrebbe avuto un contenuto indiziario così impattante da giustificare la riforma della sentenza di assoluzione. Preso atto dell’inciampo procedurale, nell’ottobre 2020 gli Ermellini decidono quindi di annullare la condanna a dieci anni e dispongono la celebrazione di un secondo processo d’appello. Arriviamo così ai giorni nostri, precisamente a mercoledì sera, quando i giudici di appello, chiamati a un secondo pronunciamento, assolvono definitivamente Cammarota per non aver commesso il fatto.

Con il verdetto cala così il sipario su una vicenda drammatica, quanto intricata sotto il profilo investigativo e processuale. Vale la pena ricordare che Matteo Cammarota è stato l’unico assolto per il delitto di Vincenzo Masiello: gli altri sei imputati, i maggiorenni del commando, sono stati infatti tutti condannati in via definitiva a pene severissime: 27 anni per Gennaro Ricci, 20 anni a testa per Emanuele Radice ed Emanuele Pipoli; 15 anni ciascuno a Vincenzo Paglionico, Paolo Iuliucci e Gennaro Errico. L’omicidio di Vincenzo Masiello fu un vendetta “a freddo”. Il giovane divenne infatti il bersaglio dell’agguato, secondo l’accusa, per una vicenda accaduta quattro anni prima: uno schiaffo che sarebbe stato dato dalla vittima alla madre di Gennaro Ricci. Quest’ultimo, ormai schiacciato dal quadro indiziario, aveva in seguito ammesso le proprie responsabilità: «L’ho ucciso io perché credevo fosse armato, si mise la mano nei pantaloni e mi impressionai, gli altri ragazzi non sapevano nulla e nulla c’era di premeditato». Di diverso avviso fu la Procura che si era avvalsa anche dell’allora nuovo collaboratore di giustizia, Gaetano Lauria, ex uomo di fiducia dei D’Amico di Ponticelli imparentato con i Nocerino dei Quartieri Spagnoli. Con quella vicenda, però, Matteo Cammarota non c’entrava nulla.

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