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05 Marzo 2022 - 07:15
IL CASO Domiciliari negati nonostante le patologie, la denuncia: «Trattato come un ras». Malore in carcere per Pasquale Amato e il processo è ancora fermo al palo
NAPOLI. Da ormai un anno si trova dietro le sbarre di Poggioreale con un’accusa pesantissima: essere il dominus dell’organizzazione napoletana che avrebbe devastato i fondali dei moli San Giovanni e San Vincenzo per catturare i datteri di mare. Il commerciante secondiglianese Pasquale Amato, alias “’o palumbar”, ha da subito ammesso le proprie responsabilità e si è scusato con la città, pur specificando di essersi sempre occupato solo della vendita e mai della pesca proibita. Il processo a suo carico, con ben cinque rimbalzi tra diverse sezioni penali e gip, intanto non è mai partito, ma nel frattempo altri coindagati eccellenti hanno già da tempo ottenuto i domiciliari. Pasquale Amato però no, nonostante sia affetto da tre, gravi patologie croniche. Una situazione labirintica, i cui effetti non hanno tardato a manifestarsi: pochi giorni fa Amato è stato colto da un malore e tutto quello che ha potuto fare è stato ricorrere alle cure dell’infermeria di Poggioreale. Per il noto pescivendolo secondiglianese si profila dunque uno scenario a dir poco cupo: «Nei suoi confronti c’è un accanimento nel protrarre la massima cautelare, una linea che sembra anticipare una sentenza di condanna già scritta», è il commento amaro del legale di Amato, l’avvocato Paolo Gallina, che spiega: «Il mio assistito sta subendo tutto questo come se fosse il deus ex machina della filiera di pesca di frodo, ma probabilmente si sta cercando solo un capro espiatorio. Il delitto di cui risponde va gestito come ricettazione, motivo per il quale basterebbero i domiciliari per non reiterare il reato». Nonostante il delicato quadro clinico del detenuto, nessuna autorità giudiziaria ha però fino ad ora concesso al 57enne “’o palumbar” gli arresti in casa. Pochi giorni fa, dopo l’ultimo malore, il tribunale ordinario ha scritto alla direzione sanitaria di Poggioreale al fine di avere ragguagli sulle condizioni del detenuto, ma fin ad ora quella missiva non ha avuto alcun riscontro. Pasquale Amato, come si evince dalla cartella clinica, soffre però ormai da anni di diabete mellito, ipertensione arteriosa e broncopolmonite con amartoma recidivante, motivo per il quale, almeno fino al suo arresto, ogni sei mesi si sottoponeva ad alcuni accertamenti specialistici presso l’ospedale Cotugno di Napoli. Un percorso che con la detenzione è stato però bruscamente interrotto. In attesa che il processo a carico di Amato prenda finalmente piede - “’o palumbar” ha chiesto il rito abbreviato condizionato - l’avvocato Gallina lancia un appello alle autorità competenti: «Mi sembra evidente che in questo momento storico, con la pandemia ancora in atto, siamo davanti all’incapacità della struttura sanitaria del carcere di Poggioreale di gestire un paziente di questo tipo. Almeno per soggetti incensurati e raggiunti dall’accusa di reati non ostativi si devono assolutamente preferire misure alternative. Il caso di Pasquale Amato è una tempesta di ingiustizia». Il calvario del pescivendolo di Secondigliano non è dunque finito, ma la corsa contro il tempo è già iniziata.
Nel riquadro il 57enne pescivendolo secondiglianese Pasquale Amato “’o palumbar”
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