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«La mia vita era un inferno, ho avuto paura e ho sparato»

«La mia vita era un inferno, ho avuto paura e ho sparato»

IL GIALLO Dietro il delitto un debito di 10mila euro, tramonta la pista camorristica. Antonio Papa, l’assassino di Gaetano Ariosto, confessa tutto

NAPOLI. Gaetano Ariosto sarebbe partito da Napoli alla volta di Boscotrecase con la ferma intenzione di ottenere da Antonio Papa, l’imprenditore torrese di 42enne che giovedì pomeriggio l’ha ucciso, la restituzione della somma prestatagli un paio di mesi fa: circa 10mila euro. Ma il componente del nucleo legato ai D’Amico del quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio aveva sottovalutato la disperazione dell’altro ed era andato sicuro di sé, forte anche del prestigio criminale di famiglia. La vittima non era in condizioni economiche per dargli i soldi, sicuramente non tutti insieme, e voleva guadagnare tempo. Però temendo possibili reazioni violente del presunto usuraio, il titolare della piccola ditta edile di Torre Annunziata si era presentato armato all’appuntamento. Poi qualcosa è successo: forse per una grave minaccia ricevuta ha perso la testa e ha fatto fuoco, sprofondando in un incubo ancora peggiore. «Ero esasperato - ha detto ai carabinieri nella stessa serata consegnandosi nella caserma di Torre Annunziata - Non volevo ucciderlo, ma ho avuto paura. La mia vita era diventata un inferno, ho portato l’arma perché volevo fargli capire quanto fossi disperato, poi ho sparato perché avevo paura potesse farmi del male». Già al telefono Gaetano Ariosto insisteva perché gli portassi subito i soldi, poi ha detto che al massimo avrei dovuto farlo entro sabato. Ma io non potevo e lui si è arrabbiato al punto da aggredirmi. Allora ho sparato”. Per inquirenti (procura di TorreAnnunziata) e carabinieri (nucleo investigativo e compagnia) il caso è chiuso fino a un certo punto nonostante la confessione dell’indagato (comunque da ritenere innocente fino a eventuale condanna definitiva). Antonio Papa, incensurato, è ora in carcere su decreto di fermo in attesa di convalida da parte del giudice per le indagini prelininari. Ma restano alcune cose non da poco da chiedere: innanzitutto se Gaetano Ariosto aveva davvero chiesto tassi usurai sul prestito e se effettivamente aveva aggredito fisicamente l’imprenditore. Un conto è l’eccesso di legittima difesa o un delitto d’impeto, altro è uccidere a freddo. Per questo sono state acquisite le immagini registrate da alcuni impianti di videosorveglianza della parte di territorio della cittadina in cui è compresa via Rio, dove si è verificato l’omicidio, e i telefonini nella disponibilità di assassino e vittima per accertare i contatti tra i due avvenuti nel corso degli ultimi mesi e settimane. Dunque, Gaetano Ariosto non lavorava come operaio saltuario per la ditta di cui è titolare Antonio Papa e almeno per ora non si sa quando e in quale occasione si erano conosciuti. Ma di sicuro erano in contatto, tant’è vero che il 48enne fratello di Pasquale (condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo per l’omicidio dello zainetto) l’altro ieri a ora di pranzo è partito in auto in direzione di Boscotrecase. L’appuntamento era in via Rio nei pressi del cantiere del supermercato in ristrutturazione da parte della piccola impresa del 42enne di Torre Annunziata. Non ci sonotestimoni del fatto di sangue, ma qualcuno avrebbe sentito lo sparo risultato fatale e ha dato l’allarme alle forze dell’ordine, arrivate sul posto dopo poco. L’assassino è però inizialmente scappato, ha vagato per la sua città per circa un’ora e poi ha bussato al citofono della caserma dei carabinieri. «Ho ucciso un uomo con questa pistola», e sotto choc l’ha poggiata all’ingresso.

Nella foto i rilievi dei carabinieri sulla scena del crimine, a Boscotrecase; nei riquadri la vittima Gaetano Ariosto e l’assassino Antonio Papa

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