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17 Marzo 2022 - 08:00
Presidente della commissione Agricoltura, Borrelli, convoca assessori e associazioni di categoria
NAPOLI. Se sale il prezzo del pane a subirne le conseguenze saranno anche le famiglie più povero. Un colpo durissimo per l’economia locale. Per questo oggi in Regione Campania ci sarà una riunione con i rappresentanti di categoria. L’appuntamento è per le 12,30, presso l’assessorato regionale alle Politiche agricole, al Centro Direzionale isola A6, piano 5, il tavolo di confronto sulla problematica dell’aumento del prezzo del pane e della farina, su iniziativa del presidente della commissione Regionale Agricoltura, Francesco Emilio Borrelli. Parteciperanno gli assessori regionali all’Agricoltura Nicola Caputo e alle Attività produttive, Antonio Marchiello, i rappresentanti delle Associazioni di categoria Unipan Confcommercio, Libera Panificatori Salerno, Confartigianato, Associazione panificazione Napoli. «Già da domani ci sarà un aumento di quasi 30 euro a quintale per la farina, passeremo da circa 50 euro a 75, è un costo insostenibile», afferma Mimmo Filosa, presidente dell’Unione panificatori campani. «Il pane è già aumentato da 2,50 euro a 3 euro - dice Filosa - ma se continua così arriverà presto a 4 euro. Teniamo conto che in Campania hanno già chiuso 15 forni e tre molini si sono fermati. Alla Regione chiederemo due cose, la prima aiuti alle imprese per evitare i rincari, la seconda, più a lungo termine, quella di lavorare sulla filiera corta incentivando la produzione nostrana. È ora che si apra questo tavolo verde che più volte è stato annunciato. All’aumento del pane seguirà anche quello della pizza». Oltre al rincaro dovuto alle difficoltà di importazione del grano ucraino, però, c’è anche il problema della speculazione: l'inflazione al 5,7% «si traduce in una stangata pari a +1.751 euro annui per la famiglia tipo» e raggiunge «quota +2.275 euro per un nucleo con due figli», afferma il Codacons, sostenendo che «la crescita dei listini al dettaglio non può essere giustificata solo dal caro-bollette - afferma il presidente Carlo Rienzi -. Il timore concreto è che si stiano registrando in questi giorni forti speculazioni sui prezzi che sfruttano il conflitto per aumentare in modo del tutto ingiustificato i listini di beni di largo consumo come pane e pasta».
E proprio su questo tema le Procure di Cagliari e Roma hanno aperto un'inchiesta. A far scattare l’allarme le dichiarazioni del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha parlato di una «colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini». Un'analoga inchiesta e' stata aperta subito dople parole del ministro dalla Procura di Roma per verificare le ragioni di tale aumento ed individuare eventuali responsabili. Per quanto riguarda pane e farine, invece, è emerso che Cagliari risulta la città italiana più cara e su cui l'aumento dei prezzi ha inciso maggiormente, anche se non è comunque mancata la corsa a svuotare gli scaffali dei supermercati. Intanto, però, Coldiretti avverte che gli spiragli di pace tra la Russia e l'Ucraina frenano la speculazione sui prezzi di grano e mais che invertono la tendenza e scendono con cali a doppia cifra rispetto alle quotazioni da record raggiunte nell'ultimo mese. È quanto emerge dall'analisi sugli andamenti al Chicago Board of Trade punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole.
La situazione delle ultime settimane è stata molto difficile, sottolinea la Coldiretti, determinata dal fatto che Russia e Ucraina insieme controllano circa il 29% delle vendite mondiali di grano tenero per la panificazione, il 19% del commercio del mais destinato all'alimentazione degli animali e circa l'80% dell'olio di girasole impiegato per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell'industria alimentare, oltre che per le fritture. Una proposta viene lanciata da Giuseppe Pellegrino, agronomo trapanese e membro dell'Assemblea nazionale del Pd, che si rivolge anche ai vertici del suo partito, per proporre soluzioni alternative. «L'Italia - sostiene Pellergino - dispone di superfici che possono soddisfare quasi per intero il fabbisogno del nostro Paese. I 600mila ettari di seminativi non coltivati nel Sud, potrebbero produrre grano duro per aumentare notevolmente il nostro grado di auto approvvigionamento».
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