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19 Marzo 2022 - 07:59
Il pentito Umberto “’o lione”: «A mio zio Salvatore fu detto che poteva gestire affari illeciti a Roma»
ROMA. «Daniele Muscariello era il referente unico a Roma del clan D’Amico e in particolare di mio zio Salvatore “’o pirata”.. Il suo incarico riguardava gli investimenti e il recupero crediti, se necessario con modalità violente». Era il 17 dicembre scorso quando il pentito Umberto D’Amico “’o lion”, nipote del ras Salvatore, ritornò in maniera più dettagliata sulla figura e il ruolo del produttore cinematografico arrestato l’altro ieri insieme ai fratelli Varlese e al cognato di questi ultimi, Giovanni Sanges: tutti esponenti di primo piano del gruppo malavitoso di San Giovanni a Teduccio alleato e socio in affari con i Mazzarella. L’accusa della Dda, su indagini dei carabinieri e della Guardia di finanza di Roma, è di riciclaggio di beni di provenienza illecita con l’aggravante mafiosa, ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva. Il personaggio centrale dell’inchiesta è proprio Daniele Muscariello, nato a Roma ma di origini campane, presentato a Salvatore D’Amico da un amico fortemente indebitato con il clan. Fu quest’ultimo, ha raccontato ai pm antimafia il collaboratore di giustizia Umberto D’Amico, a magnificare le doti del produttore cinematografico.
«A mio zio - ha messo a verbale “’o lion” -, fu detto che Daniele Muscariello era in grado di gestire numerosi affari illeciti nella capitale. Che io sappia si occupava oltre che di investimenti, di frodi Iva e truffe. Al primo incontro con mio zio Salvatore era presente anche Mario Varlese, padre di Luigi e Salvatore (questi ultimi due arrestati l’altroieri nell’operazione “Tortelli alla zucca”, ndr). I rapporti tra loro divennero di tipo familiare». Gli approfondimenti investigativi hanno poi documentato le diverse fasi di un sistema di riciclaggio di somme provento delle attività del clan di camorra, che da Napoli “partivano” alla volta di Roma, nascoste in borsoni per poi tornare “pulite” nel capoluogo campano. In questo versante dell’indagine sono rimasti invischiati anche due appartenenti alle forze dell’ordine, uno della polizia di Stato e l’altro dell’Arma dei carabinieri, residenti a Roma.
I quali secondo la Procura, oltre a offrire maggiori garanzie di poter sfuggire a eventuali controlli durante il trasporto, avrebbero esteso la propria collaborazione all’acquisizione e comunicazione di informazioni riservate utili a consentire l’elusione di eventuali indagini. Una volta arrivato nella Capitale il denaro da ripulire veniva consegnato a un’azienda vitivinicola e alle società cinematografiche controllate e gestite da Muscariello con la copertura documentale di fatture per operazioni inesistenti, con particolare riferimento a sponsorizzazioni di opere filmiche, particolarmente indicate per giustificare grosse transazioni: «Perché un film può costare 200mila ma pure 50 milioni di euro», commentava un indagato intercettato.
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