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19 Marzo 2022 - 08:00
Stangata per il rampollo Salvatore e per Giovanni Cortese: 11 anni a testa
NAPOLI. Due processi scaturiti dalla stessa inchiesta, quella incardinata sui ruoli verticistici dei fratelli boss Marco Di Lauro e Salvatore Di Lauro, che adesso giungono a conclusione e scagliano l’ennesima tegola giudiziaria sul potente clan di Secondigliano. Quella che ne viene fuori è una vera e propria stangata, con sette condanne diventate definitive e altre sei confermate o leggermente riviste al ribasso in appello. Solo un lieve sconto di pena, dunque, per il ras Salvatore “’o terremoto” e il fedelissimo della cosca di cupa dell’Arco, Giovanni Cortese “’o cavallaro”, che hanno rimediato 10 anni e 8 mesi di reclusione a fronte dei precedenti 12 anni di carcere. Queste, nel dettaglio, le pene inflitte dai giudici della quarta sezione della Corte d’appello di Napoli: Salvatore Aldo, 3 anni e 4 mesi di reclusione; Giovanni Cortese e Salvatore Di Lauro, 10 anni e 8 mesi con riconoscimento delle attenuanti generiche; Antonio Silvestro, 6 anni e 8 mesi. I giudici di secondo grado hanno invece confermato le pene già inflitte ad Antonio Mollo (4 anni), Aniello Sciorio (4 anni) e Vincenzo Flamini. Nelle stesse si è pronunciata anche la terza sezione della Corte di Cassazione e anche in questo caso il verdetto è stato tutt’altro che soft.
Gli ermellini hanno infatti rigettato tutti i ricorsi, confermando le condanne rimediate in appello da Antonio Tarantino (8 anni), Bruno Franzese (7 anni e 6 mesi), Aniello Apredda (9 anni e 8 mesi), Daniele Granata (1 anno e 5 mesi), Vincenzo Tufano (3 anni e 8 mesi), Luigi Noceroni (9 anni e 4 mesi) e Salvatore Luongo (9 anni). Gli affari a nove zeri per superare l’odio più profondo, che proviene da una lunghissima serie di omicidi subiti. Così, i Di Lauro e la Vanella Grassi, clan le cui strade sierano divise nella parte finale della prima faida di Secondigliano e Scampia e nella seconda avevano ripreso a viaggiare insieme. Con accordi di vertice, favoriti dal lavoro di ricucitura dei figli del boss Paolo Di Lauro detto “Ciruzzo o’ milionario”, i “Girati” si erano riseduti al vecchio tavolo con i ras del rione dei Fiori e di cupa dell’Arco. Droga ed estorsioni, come sempre, le parole magiche per dirsi nuovamente sì.
Ha fatto emergere questo e altro l’inchiesta della Dda, culminata in un primo momento in 27 ordinanze di custodia cautelare (23 in carcere e 4 ai domiciliari) su indagini dei poliziotti della Squadra Mobile della questura e i finanzieri del Gico del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Poi annullata dal tribunale del Riesame e subito dopo riemessa dal giudice per le indagini preliminari. Investigatori che hanno anche chiarito il tentato omicidio di Giovanni Esposito “’o morto” (il 4 luglio 2012) e il ruolo di uno dei finanzieri in servizio fino al 2015 nel gruppo dei Baschi Verdi. Uno dei due, Claudio Auricchio, è imputato per l’agguato fallito in via Napoli-Roma verso Scampia contro il cognato degli Abbinante, insieme con i boss della “Vinella” Antonio Mennetta “er Nino” e Rosario Guarino detto “Joe banana”, quest’ultimo poi pentitosi.
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