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24 Marzo 2022 - 07:56
Calemma, Gemito, Rianna e Montagna limitano i danni con 20 anni a testa.Sequestro Pettirosso, stangata per Stefano Di Fraia: incassa 30 anni
NAPOLI. Con cinque condanne e neppure un’assoluzione si stringe definitivamente il primo cerchio giudiziario intorno ai sequestratori dell’operaio Stefano Pettirosso. Al clamoroso rapimento, finalizzato a ottenere un riscatto di 40mila euro, avevano preso parte il 13 febbraio 2020 esponenti di punta e “soldati” di quasi tutti i principali clan attivi nella periferia nord di Napoli: dalla Vanella Grassi ai reduci dei Lo Russo, passando per gli attuali reggenti degli Scissionisti nella zona di Scampia e Secondigliano. I giudici della prima sezione della Corte d’assise di Napoli, con il verdetto di condanna pronunciato ieri mattina, hanno dunque dato pieno accoglimento alle richieste di pena avanzate dalla Direzione distrettuale antimafia e nel caso dell’imputato Stefano Di Fraia sono andate persino oltre. Di Fraia, avrebbe partecipato sia all’iniziale rapimento di Pettirosso che alla successiva fase di custodia, ha infatti rimediato 30 anni di reclusione a fronte dei 22 invocati invece dal pubblico ministero. Gli altri complici, tutti condannati a 20 anni, sono riusciti a limitare i danni giudiziari grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche e all’esclusione dell’aggravante della recidiva.
Niente stangata, dunque, per gli imputati Giuseppe Calemma, Pietro Gemito, Gennaro Rianna e Ciro Montagna. Per loro, nonostante la pena basepartisse da 25 anni di reclusione, si sono dunque rivelate determinanti le argomentazioni portate in aula dal collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Dario Carmine Procentese, Gennaro Pecoraro, Michele Di Fraia, Renato D’Antuono e Andrea Taglioni.
Nel corso del dibattimento, vale la pena ricordarlo, i cinque presunti sequestratori non hanno mai reso alcuna confessione. Poche settimane fa erano stati invece condannati gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Il rapimento di Stefano Pettirosso è stato uno dei più inquietanti episodi di cronaca avvenuti a Napoli negli ultimi anni. Incensurato, ma figlio di un noto contrabbandiere, il giovane operaio venne sequestrato la sera del 13 febbraio 2020. Il raid durò appena tre ore e consentì ai clan coinvolti nella vicenda di intascare 40.000 euro a titolo di riscatto. La vittima, presa di mira probabilmente per la disponibilità di denaro della famiglia, nel rincasare in auto dopo il lavoro, è stata prima accerchiata da circa dieci uomini a bordo di cinque scooter, successivamente prelevata con la forza sotto la minaccia di armi e infine legata e segregata per numerose ore in un garage di Scampia, fino al pagamento del riscatto: inizialmente il commando chiese la somma di 50.000 euro. Gli imputati - alcuni dei quali volti storici della mala della zona, altri invece emergenti ras - sono ritenuti affiliati ai clan di Scampia, Miano, Piscinola, rione San Gaetano, Marianella e Chiaiano, di qui l’ipotesi iniziale - poi non accolta dal gip nel rito abbreviato - di una condivisione del progetto criminoso da parte degli esponenti delle compagini camorristiche dei Lo Russo, degli Amato-Pagano e del clan Vanella Grassi di Secondigliano.
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