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25 Marzo 2022 - 07:58
Droga e racket a tappeto, niente sconti per i vertici del nuovo clan Sibillo
NAPOLI. Scacco agli ultimi ras dei vicoli. Arrestati nell’aprile scorso con l’accusa di aver trafficato un fiume di sostanze stupefacenti e imposto decine di estorsioni, persino ai danni delle prostitute extracomunitarie, avevano sostanzialmente riorganizzato il clan Sibillo di piazza San Gaetano, portando l’organizzazione note come “paranza dei bambini” nuovamente nel mirino delle forze dell’ordine. La loro ascesa, compresa quella di alcuni emergenti capizona del rivale clan Mazzarella, è però durata molto meno del previsto e così, dopo la sfilza di manette, è arrivata anche quella di condanne. Ben diciassette, con pene che in alcuni casi hanno sfiorato i vent’anni di reclusione. Una vera e propria stangata giudiziaria. Ieri pomeriggio si è dunque concluso il giudizio di primo grado per gli imputati che hanno chiesto e ottenuto di essere processati con il rito abbreviato.
Nonostante la scelta del processo “sprint”, le pene inflitte dal gup di Napoli sono state tutt’altro che soft. Questa, nel dettaglio, la sentenza pronunciata dal giudice: Ciro D’Aniello, 6 mesi; Vincenzo Caliano alias “Mniell”, 11 anni e 1 mese; Giuseppe Gambardella alias “Peppe ’a pign”, 5 anni e 4 mesi; Annunziata Ingenito alias “Nunziatina”, 5 anni e 8 mesi; Giovanni Ingenito alias “Barba lunga”, 5 anni e 4 mesi; Antonio Iodice alias “’o chiov”, 7 anni e 2 mesi; Assunta Manzo alias “Susetta”, 6 anni e 8 mesi; Valentina Mettei, 2 anni con sospensione della pena; Giovanni Matteo alias “’o pinguin”, 11 anni e 4 mesi; Carmine Motti, 16 anni; Giosuè Napoletano alias “’o Nannone”, 17 anni e 9 mesi; Carmela Napoletano, 3 anni e 8 mesi; Pietro Perez, 6 anni e 8 mesi; Gaetano Portanova, 5 anni; Fabio Rivieccio alias “Cocò” 10 anni e 8 mesi; Maria Sabatelli alias “Miriana”, 13 anni; Alberto Volpe alias “’o schiattamuort”, 16 anni.
Toccherà adesso al collegio difensivo (avvocati Dario Carmine Procentese, Domenico Dello Iacono, Giuseppe Ricciulli, Leopoldo Perone e Riccardo Cafaro) cercare di limitare i danni nel prossimo processo d’appello. «’O zì, noi sappiamo che voi avete le proprietà: o ci date 50mila euro o la casa al Fondaco San Paolo. Se pensate di andare dalle guardie, dopo di noi ci sono altre dieci persone che ti possono uccidere». Forte dell’appoggio del clan Contini, gli uomini dei Sibillo non usavano mezze parole per intimidire i gestori dei negozi cui chiedevano il “pizzo”. Li convocavano nel “palazzo della buonanima”, in via Santi Filippo e Giacomo 26, e davanti all’altarino dedicato al giovanissimo ras Emanuele Sibillo seminavano il terrore. Erano 12 i commercianti sotto scacco e uno di loro fu costretto a inginocchiarsi davanti al busto raffigurante “Es17”, ma non tutti pagavano. Come, nonostante le minacce di incendiare il locale, i titolari di un’attività di vendita al dettaglio di biancheria intima che non piegarono la testa. Sotto inchiesta erano finite anche cinque donne, alcune delle quali, come Maria Sabatelli, inquadrate dagli inquirenti dell’Antimafia al vertice della spietata organizzazione.
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