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27 Marzo 2022 - 09:12
Annullata per la seconda volta la condanna a carico di Giuseppe Di Maro
NAPOLI. Per gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia sarebbe uno degli registi dei mastodontici traffici di stupefacenti che hanno fatto dei Polverino il clan-re dello smercio di hashish “all’ingrosso”. Nonostante un processo di primo grado e due di appello, l’inchiesta a suo carico non è però fin qui riuscita a trovare un approdo giudiziario e l’ennesima tegola arriva adesso dalla Cassazione.
La Suprema Corte ha infatti annullato per la seconda volta il verdetto d’appello, salvando il ras Giuseppe Di Maro dal conseguenziale, inevitabile arresto. Il presunto narcotrafficante, in attesa che i giudici di appello si pronuncino nuovamente, resta dunque a piede libero. Noto a Malanapoli con l’alias di “Bobby Solo” e per la sua parentela stretta con il ras Giuseppe Simioli, oggi collaboratore di giustizia, di cui è cugino, Giuseppe Di Maro era reduce da una condanna in secondo grado per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti: imputazioni pesantissime, che gli erano valse undici anni e quattro mesi di reclusione. La Corte di Cassazione già nel 2018, dando pieno accoglimento alle argomentazioni del suo difensore, l’avvocato Claudio Davino, aveva annullato quella condanna rinviando nel merito. Nonostante un ulteriore giudizio di appello, il copione anche questa volta non è cambiato: gli Ermellini, accogliendo per la seconda volta le argomentazioni difensive del penalista Davino, hanno annullato la condanna e stabilito la celebrazioni di un ulteriore processo di merito. L’unico a salvarsi è stato tra l’altro proprio Giuseppe Di Maro.
I ricorsi degli altri due imputati, Biagio Cante e Luigi Carandente Tartaglia, sono stati infatti giudicati inammissibili e pertanto la loro condanna è diventa ta definitiva: i due imputati dovranno quindi scontare, rispettivamente, 13 anni e 14 anni di reclusione. L’inchiesta che ha portato ancora una volta Di Maro alla sbarra risale al 2013, quando ben 150 persone, tra ras, affiliati, imprenditori compiacenti e fiancheggiatori, finirono in manette. In quella circostanza gli inquirenti, nel delineare la portata dell’organizzazione, la definirono senza mezzi termini monopolista del traffico di hashish. Un sistema consolidato e in grado di mettere le mani anche sul business del gioco d’azzardo e delle estorsioni. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini i gruppi di Marano, in accordo anche con i clan del capoluogo, avevano inondato Napoli e provincia con tonnellate e tonnellate di “fumo”. Il tutto senza disdegnare un’intensa attività di riciclaggio nell’ambito del gioco d’azzardo, così come in quello immobiliare e imprenditoriale, che ha consentito di “pulire” svariati milioni di euro. L’asse con la Spagna era, di fatto, diventato una vera e propria miniera d’oro. Circa quaranta milioni netti all’anno. È quanto frutta al clan Polverino, egemone nel Napoletano tra le zone di Marano a Quarto. Di Maro, già coinvolto in un’altra indagine, nel 2020 era invece tornato a piede libero per fine pena.
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