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Miano, la pax tra clan è saltata: in aula l’accusa del neo pentito

Miano, la pax tra clan è saltata: in aula l’accusa del neo pentito

Emanuele Pancia rivela: Torino, Pecorelli e “’o cecato” dietro le stese a Chiaiano

NAPOLI. Un manipolo di ribelli avrebbe fatto saltare, per motivi ancora tutti da chiarire, il patto di camorra che negli ultimi anni ha tenuto sotto scacco l’intera periferia nord di Napoli. Parola di Emanuele Pancia, uomo del clan Stabile da pochi messi passato tra le fila dei collaboratori di giustizia. Il neo pentito è intervenuto come teste d’accusa nel processo di primo grado che vede alla sbarra alcuni esponenti del clan Cifrone di Miano, imputati per aver compiuto nel 2020 una rapina ai danni del titolare di un negozio di telefonia imparentato con i rivali del gruppo Balzano, ed è in questa sede che Pancia ha deciso di rivelare i nomi dei tre responsabili che non soltanto avrebbero fatto saltare il banco, ma che avrebbero compiuto anche degli attentati ai suoi danni. Le accuse lanciate in aula da Emanuele Pancia sono del tutto inedito e non erano state ancora oggetto di alcun interrogatorio, motivo per il quale queste dichiarazioni saranno adesso vagliate nelle prossime tappe processuali, oltre che dalla Procura, anche dal collegio difensivo.

Ma intanto il dato è tratto e, stando a quanto sostenuto dal pentito, i clan Stabile di Chiaiano, Amato-Pagano di Secondigliano e Cifrone di Miano avrebbe siglato un patto di ferro poche settimane prima del sequestro di Stefano Pettirosso - vicenda per la quale sono stati già celebrati due processi di primo grado - ma l’asse di tra i tre gruppi sarebbe durato molto meno del previsto «a causa di una serie di attenti messi a segno contro la famiglia Pancia».

Il collaboratore di giustizia non si è però limitato a riferire di attacchi generici, ma ha anche messo i giudizi dell’ottava sezione penale a conoscenza di un episodio specifico: una stesa compiuta nella zona controllata dal clan Stabile, di cui si sarebbero resi protagonisti Nunzio Pecorelli, giovane esponente del cartello degli Scissionisti, Bernardo Torino, volto noto della mala di Miano, e tale “Luchetto ’o cecato”.

Pancia ha poi precisato che gli Amato-Pagano, in particolare, avrebbero fatto il possibile per garantire la pace, ma che l’accordo sarebbe poi saltato per cause non dipendenti dalla loro volontà.

Quella che ne scaturì, com’è noto, è stata una drammatica escalation di violenza, con sparatorie e agguati eccellenti, alcuni dei quali mortali: lo stesso Bernardo Torino lo scorso anno, prima di finire in manette, è stato vittima di un raid. Nelle udienze precedenti erano state invece interrogate le vittime della misteriosa rapina di Miano. Giuseppe De Lutiis, socio del fratello Antonio, titolare del negozio di telefonia “Antonio Phone” depredato dagli aguzzini di “Miano di sopra”, aveva però sostenuto di non essere in grado di riconoscere i responsabili della rapina di cui lui stesso era stato vittima il 13 febbraio 2020. Peccato che, stando a quanto emerso dalle indagini, fosse stato lui, nelle settimane precedenti la retata, a rivelare al fratello Antonio i nomi degli uomini del commando. Per quella rapina sono imputati al dibattimento Gennaro Caldore, Stefano Di Fraia, Giovanni Mascioli e Pasquale Pandolfo.

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