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Ex calciatore ucciso a coltellate: inflitti 16 anni e mezzo all’amico

Ex calciatore ucciso a coltellate: inflitti 16 anni e mezzo all’amico

NAPOLI. La Cassazione ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria scaturita dall’omicidio di Raffaele Perinelli, 21enne ex calciatore della Turris e del Gragnano, figlio di Giuseppe “’o ciacione”, anch’egli morto ammazzato. Ma mentre quest’ultimo era legato alla malavita di Miano e del Rione Sanità, il figlio era estraneo a ogni contesto camorristico e giocava con buoni risultati da terzino sinistro nei campionati semiprofessionistici e dilettantistici.

Ad accoltellarlo mortalmente al cuore fu un amico coetaneo, Alfredo Galasso, condannato a con sentenza passata ieri in giudicato a 16 anni e 6 mesi di reclusione. Il difensore, Rocco Maria Spina, è riuscito nel processo a far emergere le circostanze attenuanti e ad evitare una pena più dura all’imputato. Il quale ha sempre sostenuto di aver agito per paura, avendo saputo che in seguito a una lite tra i 2 in discoteca “Lello” lo cercava per vendicarsi. «Era un bravo ragazzo, ma una testa calda», disse nel corso del primo interrogatorio dopo essersi costituito. Era il 7 ottobre 2018 quando Raffaele Perinelli e Alfredo Galasso, vicino di casa della nonna di “Lello”, si incontrarono a Miano per caso davanti a un circolo ricreativo in via Janfolla. Il 29 settembre precedente avevano litigato in una discoteca e a stento i presenti erano riusciti a dividerli.

Quel giorno tutto avvenne fulmineamente e per il 21enne inutile si rivelò la corsa all’ospedale San Giovanni Bosco. Già nella notte l’assassino si consegnò, spiegando anche il retroscena. In appello i giudici di secondo grado esclusero l'aumento di pena di sei mesi calcolata in primo grado perché l’imputato era recidivo per un furto commesso 10 anni prima. La Cassazione ha confermato e la vicenda giudiziaria ora si è conclusa. Anche in udienza Alfredo Galasso si è difeso strenuamente, sostenendo di aver temuto che Perinelli volesse colpirlo, dopo che il giovane aveva preso a calci la sua auto. Così gli si avventò contro con un coltello. Un unico fendente, al cuore, poi la fuga. Lello fu accompagnato in ospedale ma morì dopo pochi minuti. L'omicida si costituì, raccontando di aver saputo da persone del quartiere che Lello “lo cercava e voleva vendicarsi”. All’omicidio assistettero diverse persone, ma nessuno si presentò alle forze dell’ordine. La prima ricostruzione fu possibile grazie alla confessione di Alfredo Galasso, anch’egli estraneo a contesti camorristici.

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