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05 Aprile 2022 - 07:51
Sei arresti a Ponticelli: la vittima era il figlio del rivale Giuseppe De Luca Bossa. l capo dei “Bodo” sarebbe il mandante dell’omicidio di Carmine D’Onofrio
NAPOLI. Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa e quindi nipote di Antonio detto “Tonino ’o sicco”, doveva pagare con la vita l’affronto ai De Micco con la bomba lanciata nel cortile del palazzo. Marco, unico ras dei “Bodo” in libertà fino all’alba di ieri, non poteva farsene capace e una volta ottenuto il nome del responsabile ordinò l’omicidio dando incarico a una batteria di fedelissimi.
Così il 6 ottobre 2021 il 23enne fu vittima di un agguato in via Luigi Crisconio sotto gli occhi della compagna da cui aspettava un figlio. Il mandante e gli esecutori a vario titolo (da ritenere innocenti fino a eventuale condanna definitiva) avevano ricostruito la vicenda grazie al sequestro, alle minacce e agli schiaffi inflitti a Giovanni Mignano, complice nell’intimidazione di via Piscettaro del 28 settembre. A condurre le indagini, coordinate dalla Dda, sono stati i poliziotti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile della questura (dirigente Fabbrocini, vice questore Olivadese) e i carabinieri del reparto operativo nucleo Investigativo del comando provinciale (colonnello Angelillo). Investigatori autori di un colpo da maestri, piazzando tre microspie in altrettanti punti dell’appartamento di Marco De Micco: nella tavernetta, nella veranda e in una stanza. Così, ascoltando le fasi preparatorie dell’omicidio hanno raccolto gli indizi che secondo la procura antimafia bastavano per emettere il fermo a carico di 6 indagati: Marco De Micco, 38 anni; Salvatore Alfuso, 45; Giovanni Palumbo, 27; Ciro Ricci, 26enne soprannominato “’o panino”; Giuseppe junior Russo, 23 anni, e Ferdinando Viscovo detto “miobabbio” di 35. Tutti coinvolti secondo l’accusa nel grave fatto di sangue.
Mentre a piede risponderanno di reati minori Maddalena Cadavero, 65enne marò un alibi, pernottando con la moglie in un hotel del lungomare di Napoli nella notte tra il 5 e il 6 ottobre, quando fu ammazzato Carmine D’Onofrio. Ma progettava anche la fuga, come dimostrerebbe un’ambientale in cui si parla di una valigia con ricambi e di una tuta per la ginnastica. Anche per questo la Dda ha deciso per i fermi e non ha atteso l’emissione di un’ordinanza, provvedimento dai tempi più lunghi.dre di De Micco, finita nel mirino per le fasi dell’interrogatorio violento a Giovanni Mignano, sequestrato e poi liberato dopo diverse ore, e Mario Noto, 32enne. D’Onofrio aveva saputo da pochi mesi chi era suo padre e aveva cominciato a frequentare il lotto 0 di Ponticelli, quartier generale dei De Luca Bossa, cui è legato anche Giovanni Mignano. Quando quest’ultimo, terrorizzato per il trattamento inflittogli nella tavernetta dal ras dei “Bodo” e i suoi sodali pronunciò il nome “Carmine” gli altri subito capirono a chi si riferisse. Iniziarono le ricerche del 23enne, che però per diversi giorni sparì dalla circolazione. Fino a quando, sentendosi più tranquillo, ritornò a girare per Ponticelli. De Micco secondo gli inquirenti organizzò tutto alla perfezione: dall’auto da rubare per l’agguato alle armi e alla fuga. Poi si procu
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