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24 Aprile 2022 - 07:00
Il 46enne tradito dagli abiti, gli stessi indossati anche per andare a firmare in commissariato
NAPOLI. Avrebbe agito da solo, chiedendo il “pizzo” in due round al titolare di un cantiere edile a Ponticelli. Ma poi Francesco Pignatiello (nella foto), 46enne legato ai De Martino “XX”, avrebbe commesso un errore. È andato a firmare presso il commissariato di zona indossando gli stessi indumenti di una dei 2 episodi oggetto della contestazione che ieri gli è costata le manette: tentata estorsione continuata e aggravata dal metodo mafioso. Naturalmente deve essere considerato innocente fino all’eventuale condanna definitiva. Sono stati ieri mattina i poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura di Napoli (dirigente Alfredo Fabbrocini, vice questore Andrea Olivadese) e i colleghi della squadra giudiziaria del commissariato Ponticelli a eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica a carico di Francesco Pignatiello. L’indagine è stata condotta in tandem tra i 2 uffici e riguarda il “pizzo” che sarebbe stato preteso dall’indagato da un’impresa edile impegnata in lavori di ristrutturazione a Ponticelli, fatti commessi il 29 marzo e 11 aprile scorsi.
Francesco Pignatiello (che non ha condanne sulle spalle per camorra) salì alla ribalta della cronaca a ottobre scorso, quando fu fermato insieme ad altre persone per un presunto pestaggio ai danni di una donna: quest’ultima, secondo l’accusa, era una pusher e il gruppo di Ponticelli legato ai De Martino avrebbe preteso da lei una quota sulla vendita di droga. Il fermo però del 46enne e dei complici non fu convalidato dal gip. Stando alla ricostruzione degli inquirenti che hanno condotto le indagini, la spedizione punitiva sarebbe avvenuta il 17 novembre del 2019, quando il gruppo dei De Martino faceva ancora parte del più strutturato clan De Luca Bossa, lo stesso con il quale è ora in guerra.
Al raid presero complessivamente parte 13 persone tra uomini e donne si sarebbero presentate all’abitazione della presunta pusher e l’avrebbero colpita con calci e pugni al volto e al torace. Il commando poi si sarebbe infatti scagliato anche contro il marito della vittima e la figlia minorenne che nel frattempo era intervenuta per difendere la madre. L’intento dei malavitosi era di costringere la donna , «a corrispondere una somma di denaro non quantificata, quale quota spettante all’organizzazione di camorra alla quale appartenevano per lo svolgimento dell’attività, evento poi non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà». Nel corso del pestaggio, gli aguzzini avrebbero anche rivendicato la propria appartenenza alla famiglia De Martino
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