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28 Aprile 2022 - 07:10
Epurazione interna alle Cinque Famiglie: assolto il capozona Ferone
NAPOLI. Tre ergastoli cancellati e una clamorosa assoluzione in un colpo. Si è concluso così il processo di secondo grado chiamato a fare luce sulle responsabilità dei presunti killer e mandanti dell’omicidio di Emilio Forino, ammazzato nell’agosto del 2011 nell’ambito di un’epurazione interna al clan delle Cinque Famiglie di Secondigliano. A tirare un sospiro di sollievo, grazie al verdetto pronunciato ieri pomeriggio dai giudici della prima sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli, è stato soprattutto il ras di Casavatore, Ernesto Ferone, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Giuseppe Ricciulli, il quale ha visto letteralmente sgretolarsi l’imputazione formulata a suo carico dalla Procura. Nonostante le accuse scagliate nei suoi confronti da numerosi collaboratori di giustizia - su tutti Rosario Guarino, Gianluca Giugliano e Giuseppe Ambra - il ras Ferone è stato così assolto con formula piena: cancellata, dunque, la condanna a trent’anni di reclusione rimediata in primo grado nel rito abbreviato. I giudici di appello hanno però riservato anche altri importanti colpi di scena.
Nonostante il parere contrario della Procura, che aveva chiesto la conferma di tutte le condanne di primo grado, i ras Angelo Marino, difeso dall’avvocato Carlo Ercolino, Roberto Manganiello, anch’egli difeso da Ercolino, e Arcangelo Abete, difeso invece dall’avvocato Luigi Ferro, hanno rimediato trent’anni di carcere a testa a fronte della precedente pena dell’ergastolo. A innescare l’inattesa riduzione è stata la sopravvenuta prescrizione per l’accusa di armi.Il pentito Guarino è stato infine condannato a undici anni.
Nei mesi scorsi erano stati invece assolti Giovanni Esposito “’o muort” e Arcangelo Abbinante, i quali sono stati però processati con il rito ordinario. Le indagini sul caso erano arrivate a una prima svolta con l’ordinanza eseguita nel luglio del 2019, quando in manette finirono sette persone, tutte da tempo ritenute ai vertici della camorra di Scampia e Secondigliano: Vincenzo Pagano, Ernesto Ferone, Arcangelo Abete detto “Angioletto”, Arcangelo Abbinante (figlio di Antonio), Giovanni Esposito “’o muort”, Angelo Marino e Roberto Manganiello. Indagati invece a piede libero comparivano i pentiti Gianluca Giugliano “’o piccione”, Antonio Leonardi e Rosario Guarino. Era il periodo di poco antecedente alla terza faida di Scampia, la guerra tra gli Abete-AbbinanteNotturno e la Vinella Grassi a spalleggiare gli Amato-Pagano, preceduto anche dall’agguato mortale a Ciro Nocerino. Emilio Forino era legato ai Ferone di Casavatore, che si erano staccati dagli Scissionisti per aderire al cartello composto dalle Cinque Famiglie di Secondigliano, pronte a sferrare l’attacco. Così, quando gli fu chiesto di picchiare chiunque fosse vicino a Vincenzo Pagano, capozona di Casavatore, diede una lezione in strada al genero di quest’ultimo. Così scattò la vendetta e i killer Giugliano e Guarino fecero fuoco dieci volte. La decisione sarebbe stata presa da Arcangelo Abete, Arcangelo Abbinante, Giovanni Esposito, Rosario Guarino, Antonio Leonardi, Roberto Manganiello nel corso di un summit in casa del ras Abete. Le cose, però, non sono forse andate proprio in questo modo o quantomeno non fino in fondo. Sentenze alla mano, infatti, per tre dei presunti responsabili di quell’epurazione interna al gruppo Ferone le accuse hanno finito per sgretolarsi in tre assoluzioni. L’ultima, arrivata ieri, ha visto protagonista il boss Ferone.
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