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11 Maggio 2022 - 07:46
In manette anche Ernesto Giordano, ferito in un agguato pochi giorni fa
NAPOLI. Consegne a domicilio previo appuntamento con telefonini dedicati. Così andava avanti, almeno da agosto a dicembre 2021, un traffico di cocaina e hashish gestito secondo l’accusa tra Giugliano e l’Aversano da dieci napoletani originari di Scampia: tre finiti in carcere, quattro ai domiciliari e tre indagati a piede libero. Tra essi il “Danielino” di “Gomorra” (al secolo Vincenzo Sacchettino), il fratello e il padre, nonché Ernesto Giordano, ferito in un agguato lo scorso 5 maggio in via Napoli-Roma verso Scampia. A incastrarli (ferma restando per tutti la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva) ci hanno pensato i carabinieri della sezione Norm (Nucleo operativo e radiomobile) della compagnia di Aversa, coordinati dalla procura di Napoli Nord. I miliari all’alba di ieri hanno eseguito le 7 ordinanze di custodia cautelari a carico di Salvatore D’ambrosio detto “Coca Cola”, 41enne; Nicola Giaccio, 25 anni; Ernesto Giordano “o’ chiatt”, 28; Mariglen Lazri, 36; Pasquale Sacchettino detto “Zio Pasquale”, 56; Raffaele Sacchettino, 30; Vincenzo Sacchettino, 24. Mentre sono indagati a piede libero Francesco Barretta, Domenico Feola deto “Baccalà” e Giuseppe Guarino. Secondo gli inquirenti il gruppo si muoveva tra le province di Napoli e Caserta per spacciare droga, inparticolare cocaina ma anche hashish, spostandosi nelle trafficate ore di punta e portandosi addosso dosi piccole per non avere problemi con le forze dell'ordine. Dalle indagini è emerso che gli indagati sarebbero riusciti così a effettuare anche 100 cessioni giornaliere sempre presso pizzerie, bar e altri noti locali.
Ogni grammo di coca costava 70 euro. Pusher e consumatori si parlavano a telefono, ma anche in questo caso le telefonate erano brevi. I carabinieri ne hanno intercettate centinaia di colloqui di questo tipo, da cui emergevano i contatti costanti tra gli spacciatori e gli acquirenti, cementati nel tempo. Qualche consumatore ha anche avvisato i pusher di controlli delle forze dell'ordine nei luoghi in cui avveniva lo spaccio, tanto che dopo i controlli gli indagati hanno cambiato le sim card nei propri cellulari. Le indagini sono partite dalla denuncia di una persona cui erano stati affidati quasi 100 chili di hashish, che però non era in grado di tenere,
Dalle dichiarazioni rese ai carabinieri è così venuta fuori l'esistenza del fiorente giro di spaccio che avrebbe fruttato decine di migliaia di euro di profitto ai pusher. I sette, anche se privi di una vera e propria struttura organizzata, erano estremamente operativi con centinaia di conversazioni telefoniche giornaliere, tutte con una durata tra i 10 e i 40 secondi. Le telefonate erano finalizzate a definire il numero di dosi e la località di incontro con il pusher che provvedeva alla consegna. Grazie alle attività di osservazione e pedinamento gli investigatori hanno ricostruito la distribuzione di dosi: non più di 20 da 30 grammi ciascuna e un numero elevato di cessioni quotidiane per un valore di 70mila euro mensili
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