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Droga da Scampia a Caserta: i narcos accusati dal custode

Droga da Scampia a Caserta: i narcos accusati dal custode

Domenico Feola azzera il gruppo Sacchettino: «Persi l’hashish, ho avuto paura»

NAPOLI. Prima la lite in famiglia, poi parte del carico di droga che “sparisce” e infine la paura di subire una ritorsione da parte del clan per il quale si era messo a disposizione. È questo il mix di eventi imprevedibili che ha spinto Domenico Feola ad affidarsi alle forze dell’ordine, raccontando tutta la verità e dando così il via alla dirompente inchiesta che due giorni fa, con l’esecuzione di sette arresti, ha portato dietro le sbarre i nuovi narcos di Scampia, cioè gli esponenti del gruppo Sacchettino di via Labriola. I retroscena non sono però finiti qui. Stando a quanto riferito dal custode-confidente, dietro l’affare si celerebbero anche i ras del clan Silenzio di San Giovanni: in che misura è però ancora da capire. È il 24 giugno scorso quando Domenico Feola, alias “Baccalà”, resosi conto di essere ormai spalle al muro, decide di rendere dichiarazioni auto ed etero accusatorie ai carabinieri e ai pubblici ministeri:

«Sono un commerciante ittico - ha messo a verbale - e lavoro al mercato di Pozzuoli. Convivo da quindici anni e sono residente a Trentola Ducenta. Mi sono rivolto ai carabinieri per autodenunciarmi, in quanto per un certo periodo presso la mia abitazione ho detenuto sostanza stupefacente di tipo hashish, che custodivo per altre persone, in cambio della somma di 1.500 euro». Droga che gli sarebbe stata affidata dal coindagato Salvatore D’Ambrosio: «Mi propose di mettere nel mio garage cinque fusti dei quali però non mi riferì il contenuto». Definito l’accordo: «Salvatore mi fornì un telefono Huawei con il quale si poteva solo messaggiare con altri telefoni in loro dotazione».

Messo il carico al sicuro, «dopo un paio di giorni giunse a casa mia un albanese, con cui aprii i fusti ed ebbi modo di verificare che all’interno c’erano delle buste di hashish da 100 grammi ciascuna. Prelevò dei campioni e dopo alcune ore li riportò». La tempesta era però in agguato: «Circa due mesi fa - ha spiegato il commerciante - litigai con mia moglie che, accortasi del tutto, era scesa in garage e a mia insaputa aveva buttato sette buste da sette chili. Litigammo e siccome le misi le mani addosso lei chiamò i carabinieri». A questo punto Feola si sente ormai braccato e racconta tutto al broker D’Ambrosio. L’organizzazione si mette in moto per rispostare la droga “superstite” e metterla al sicuro: «Circa venti giorni fa lo stupefacente è stato prelevato da due soggetti giunti con due diverse auto, con a bordo rispettivamente l’anziano napoletano e un ragazzo. Dopo quindici giorni venni contattato da Salvatore per fissare un incontro con gli albanesi al 17 giugno. Durante l’incontro si presentarono due albanesi, i quali mi dissero di rivolere lo stupefacente mancante o 35mila euro come risarcimento. In caso contrario mi avrebbero ammazzato gettandomi in un pozzo. Ho paura per me e la mia famiglia perché so che gli albanesi lavorano per conto di un clan di San Giovanni a Teduccio, che se non ricordo male è il clan Silenzio». Quelle rivelazioni hanno intanto consentito di arrestare la ramificazione con base a Scampia.

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