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13 Maggio 2022 - 07:00
Corruzione e turbativa d’asta, nel mirino dei pm appalti per 22 milioni di euro
NAPOLI. Le intercettazioni effettuate in fase di indagine non erano utilizzabili e la dirompente inchiesta che tre anni fa si è abbattuta sui vertici del Porto di Napoli si conclude in un nulla di fatto. Gli imprenditori e gli allora dirigenti dello scalo, tutti a vario titolo ritenuti parte di un vorticoso giro di tangenti e appalti pilotati, sono stati prosciolti dal gup Leda Rossetti, che dando totale accoglimento alle argomentazioni del collegio difensivo ha stabilito di non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati «perché il fatto non sussiste». L’udienza preliminare si è dunque conclusa con il proscioglimento di Carmine Calandra, Gennaro Cammino, Gianluca Esposito, Giovanni Esposito, Carmine Ferrara, Mariano Ferrara, Pasquale Ferrara, Rosario Gotti, Marco Iannone, Eugenio Rinaldini, Umberto Rossi, Pasquale Sgambati, Emilio Squillante (difeso dall’avvocato Mario Ianulardo) e Alfredo Staffetta.
L’inchiesta che ha portato alla sbarra i quattordici imputati era culminata, il 27 maggio del 2019, nell’esecuzione di sei misure cautelari agli arresti domiciliari. La sospensione dal servizio era stata invece disposta nei confronti di Emilio Squillante, capo staff dell’allora presidente dell’Autorità portuale Pietro Spirito e in passato dirigente di altri settori strategici. Per lui, i pm Ida Frongillo e Valeria Sico avevano chiesto anche il carcere: istanza però respinta dal gip De Bellis.
Non solo, nel corso dell’operazione condotta dalla guardia costiera e della guardia di finanza erano state perquisite anche undici società. I reati contestati andavano dalla turbativa d’asta alla corruzione. Gli uffici passati al setaccio furono quelli della Ilmed srl, Lemapod Fin srl, Amalfi srl, Parthenope, Gipimars, Isi Consortile, Consortile San Vito, Archedil Sea, Ltd Logistica srl, Lemapod Srl, Or Partecipazioni costruzioni srl. L’inchiesta abbracciava l’arco temporale che andava dal 2013 al 2017 e al centro del sistema, servendosi di strumenti quali la dichiarazione di procedura d’urgenza, la partecipazione ai bandi di gara in cordate con il vincitore prestabilito, ci sarebbe stato l’imprenditore Pasquale Ferrara. I funzionari avrebbero sostenuto il gruppo di imprese coordinato da Ferrara in cambio di regali e denaro. Fra gli appalti sotto la lente dei pm finì quello per la realizzazione degli alloggi dell’Autorità portuale, quello di manutenzione straordinaria, quello per i cancelli della banchina Pisacane, quello della segnaletica stradale: un giro di affari da 22 milioni di euro, per appalti ritenuti oggetto di turbativa d’asta. Di quell’indagine oggi resta però solo un cumulo di macerie. Il giudice, accogliendo l’eccezione del le difese, ha stabilito che i decreti intercettivi erano stati emessi nell’ambito di un altro procedimento connesso e che, per la normativa all’epoca vigente, la connessione probatoria non poteva giustificare l’utilizzabilità delle intercettazioni anche nel filone oggetto dell’udienza conclusa ieri. Preso atto dell’“inciampo” investigativo, il giudice ha così prosciolto i quattordici imputati. La palla passa adesso nuovamente alla Procura.
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