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13 Maggio 2022 - 07:00
La gang capeggiata da Raffaele Boccalà rischia il processo: è giallo sulla competenza del gip
NAPOLI. Raffica di truffe consumate sull’asse Napoli-Bologna, la Procura tenta lo sprint e, dopo gli arresti ottenuti a marzo, dichiara concluse le indagini preliminari. Rischiano dunque il rinvio a giudizio gli otto presunti esponenti della gang specializzata in raggiri. L’avviso firmato dal pubblico ministero Gloria Sanseverino è stato notificato ieri agli indagati Raffaele Boccalà (nella foto), Angelo Maranta (latitante), Emanuele Robustelli (latitante), Giuseppe Canfora (latitante), Pasquale Agnino (latitante), Giuseppe Agnino, Carmela Nappa e Fabio Castellone. Toccherà adesso al collegio difensivo, costituito tra gli altri dagli avvocati Antonio Abet, Carmela Perone e Angelo Lanzetta, individuare la strategia da portare avanti qualora si arrivasse all’udienza preliminare. I difensori intanto sono già pronti a porre l’accento sull’effettiva competenza del gip di Napoli, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare: gran parte dei reati contestati dall’accusa, stando a quanto sostenuto dalla difesa, sarebbero infatti stati commessi al Nord Italia (l’indagine è infatti partita dalla Procura di Bologna) e non ci sarebbero tra l’altro prove che la base operativa della holding fosse effettivamente ed esclusivamente nel capoluogo campano. A volte si presentava come il “maresciallo Federico”, altre volte come “avvocato Marini”.
In realtà era Pasquale Agnino, originario di Portici ma da anni residente a Barcellona. Da lì sceglieva le vittime della truffa, anziani rigorosamente soli con figli o nipoti che vivono nella stessa zona, e con l’aiuto dell’emissario Raffaele Boccalà nell’arco di mezza giornata aveva concluso il colpo. I carabinieri del nucleo investigativo di Bologna ne hanno ricostruite una settantina con circa 200mila euro di bottino e al tempo stesso hanno accertato anche un traffico di droga dalla Spagna a Napoli gestito dall’indagato in Catalogna. A fine marzo l’inchiesta, coordinata dalla procura di Napoli, ha avuto un primo epilogo con l’esecuzione di cinque misure cautelari a carico del 38enne Giuseppe Agnino, alter ego del fratello Pasquale, per il quale si procede separatamente; Raffaele Boccalà, 35enne della Vicaria; Fabio Castellone, 37enne del centro storico di Napoli; Pasquale Di Lauro, 30 anni, di Secondigliano, solo omonimo della famiglia di malavita; Gennaro Marco Imparato, 29enne. Una sesta persona non era stata invece rintracciata. Il lavoro della Procura si è però sviluppato su due diversi filoni investigativi, come conferma il fatto che gli indagati non coincidono del tutto tra i due procedimenti: per il secondo procedimento le indagini preliminari sono però state dichiarate concluse.
L’indagine, condotta da ottobre 2020 a maggio 2021 e scaturita da alcune truffe consumate nella provincia di Bologna, è parita con l’individuazione del metodo del cosiddetto “finto Maresciallo dei carabinieri ovvero del finto avvocato”. Per rendersi maggiormente credibili gli indagati invitavano l’anziano vittima del raggiro a riagganciare la cornetta e a contattare il “112”. Quest’ultimo, pertanto, credeva erroneamente di essere in linea con i carabinieri, ma in realtà dall’altro capo dell’apparecchio rispondeva un complice del telefonista. Pertanto nel proseguire la conversazione venivano carpite ulteriori informazioni sensibili che, subito dopo, il falso avvocato utilizzava per chiedere il pagamento di una “cauzione”, generalmente di alcune migliaia di euro o preziosi, affinché il parente non patisse gravi conseguenze legali e fosse rilasciato. Ma si trattava di una messinscena
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