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15 Maggio 2022 - 08:50
Colpo di scena dopo la lettera di Giovanni Mignano. Giallo sulle intercettazioni
NAPOLI. L’omicidio di Carmine D’Onofrio si tinge sempre più di giallo. Se con il recente arresto del boss di Marco De Micco, capoclan del gruppo dei “Bodo”, e dei presunti uomini del commando le indagini sembravano essere arrivate a una prima svolta, un’indagine difensiva potrebbe adesso sparigliare le carte in tavola: fari puntati, in particolare, sulla testimonianza dell’uomo che, secondo gli inquirenti, avrebbe indicato al boss il responsabile dell’attentato dinamitardo ai suoi danni, innescando così la sanguinosa vendetta, e sulle intercettazioni ambientali effettuate in casa del ras di San Rocco. Il 4 maggio scorso il nostro giornale ha pubblicato in esclusiva la lettera inviata da Giovanni Mignano ai propri familiari. Il 27enne, attualmente detenuto, sosteneva di non essere mai stato rapito dal clan De Micco e di non aver mai fatto il nome di Carmine D’Onofrio, figlio naturale del ras rivale dei “Bodo” Giuseppe De Luca Bossa. Respinta la ricostruzione accusatoria che ha portato all’arresto di De Micco, Mignano spiegava poi di temere per la propria incolumità e per quella della propria famiglia.
Circostanza, quest’ultima, che ha spinto i difensori di Marco De Micco, gli avvocati Stefano Sorrentino e Saverio Senese, a presentare al gip Ciollaro una richiesta di incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di Mignano, indicata come «rilevante in quanto la gravità indiziaria del delitto contestato a De Micco è principalmente basata sulla circostanza che Mignano la notte del 29 settembre 2021 si trovava nell’abitazione di De Micco, veniva percosso e minacciato, e rivelava il nome del complice che aveva lanciato l’ordigno». Alla luce di quanto riportato dal 27enne nella lettera pubblicata dal “Roma”, inoltre, «il pericolo di vita è reale e non supposto».
Da qui l’urgenza di interrogare Giovanni Mignano senza attendere la formazione della prova in dibattimento. I punti di domanda che aleggiano sulla vicenda non sono però finiti qui. I difensori Sorrentino e Senese hanno chiesto infatti di procedere con incidente probatorio anche all’espletamento della perizia trascrittiva delle intercettazioni ambientali effettuate in casa di Marco De Micco. Il motivo è presto detto: dall’indagine difensiva affidata a un consulente di parte sarebbero emerse delle importanti incongruenze tra quanto riportato nel brogliaccio di polizia giudiziaria e quanto registrato dalla cimice piazzata nella veranda del ras. Al vaglio della difesa sono finiti ovviamente soprattutto i passaggi relativi al presunto rapimento di Giovanni Mignano: «O scem fai il cesso dammi la chiavedove sta», mentre nell’ordinanza la trascrizione recitava: «O scem... fai il cesso... dove sta?». E ancora: «E ja... e ricer a verità», invece di «Giovà... cominciamo a dire la verità?!». Oppure: «Sei un uomo di merda! Hai capito... incomprensibile... Andrea», mentre nel brogliaccio viene trascritto: «Hai capito Giovanni, sei uomo di merda! Hai capito? Menalo!». Tanti punti di domanda e un delitto ancora forse da risolvere.
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