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Agguato ai rivali in via Toledo, la Cassazione “salva” i sicari

Agguato ai rivali in via Toledo, la Cassazione “salva” i sicari

Tutto da rifare per Alessio Bossis e il complice Carmine Pecoraro

NAPOLI. Le intercettazioni non erano utilizzabili e per due dei presunti uomini del commando che nell’aprile del 2019 ha sparato all’impazzata nella centralissima piazza Trieste e Trento le accuse rischiano adesso di andare in frantumi. Dopo la condanna incassata in primo e secondo grado a otto anni di reclusione a testa, Alessio Bossis e Carmine Pecoraro ieri mattina sono stati “salvati” dalla Corte di Cassazione. Gli ermellini della prima sezione, dando totale accoglimento alle argomentazioni della difesa, rappresentata dagli avvocati Giovanni Abet e Marcello Severino (quest’ultimo codifensore di Bossis), ha infatti annullato il precedente verdetto e disposto la celebrazione di un nuovo giudizio di appello. Tutto da rifare o quasi per i due presunti pistoleri, ritenuti tra l’altro negli ambienti investigativi molto vicini al temibile clan De Luca Bossa con base nel lotto 0 di Ponticelli. Bossis e Pecoraro sono finiti alla sbarra con la pesante accusa di aver materialmente preso parte, il primo come esecutore mentre il secondo come basista, alla micidiale incursione armata che tre anni fa ha rischiato di innescare una strage. Nel mirino del commando, per questioni “amorose”, erano finiti alcuni giovanissimi dei Quartieri Spagnoli vicini alla famiglia Mariano.

Per furtuna nessuno rimase ferito, ma la pioggia di piombo fu davvero impressionante e, considerando che in via Toledo, nonostante la tarda ora, erano ancora presenti centinaia di giovani, poteva finire molto ma molto male. Tornano all’iter processuale, il tandem difensivo Abet-Severino ha sostenuto e dimostrato che le intercettazioni che hanno portato all’individuazione di Bossis e Pecoraro erano scaturite da un altro procedimento - l’indagine sui colpi di pistola esplosi contro casa di Bossis - e solo in seguito emerse il micidiale raid di piazza Trieste e Trento. Tra i due eventi non ci sarebbe stato però alcun collegamento e, stando a quanto stabilito dalla norma di riferimento, le intercettazioni relative alla prima sparatoria non avrebbero potuto essere utilizzate anche per far luce sulla seconda. Gli avvocati difensori hanno poi evidenziato il fatto che i decreti autorizzativi presentavano numerosi passaggi omissati, circostanza questa che avrebbe innescato una carenza motivazione. Alcune zone d’ombra, stando a quanto rilevato dai periti incaricati dalla difesa, sarebbero emerse poi anche dalle immagini di videosorveglianza che avevano registrato il momento del raid.

La Corte di Cassazione ha così annullato la sentenza di condanna per entrambi gli imputati e disposto un nuovo processo d’appello. Circostanza piuttosto singolare: lo stesso procuratore generale aveva chiesto l’annullamento, ma senza rinvio.Alessio Bossis è considerato un ras emergente all’interno del clan Minichini-De Luca Bossa di Ponticelli e Volla, alleato dei Rinaldi di San Giovanni a Teduccio e degli Aprea di Barra. Al punto da subire già a 18 anni una violenta intimidazione: ben 10 colpi d’arma da fuoco furono esplosi contro la sua abitazione di Volla, in traversa Giacomo Leopardi, senza che nessuno rimanesse ferito. Il pomeriggio successivo si verificò un’altra sparatoria nella cittadina, in via Rossi, interpretata dai carabinieri come una risposta del neonato gruppo di malavita: una stesa contro un bar e un negozio di detersivi, locali che anche allora come il 19 marzo 2019 in piazza Trieste e Trento e via Toledo, nulla c’entravano con la guerra di camorra da tempo immemore in corso nella periferia est di Napoli.

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