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Col mitra in auto per la faida, accuse in frantumi: tre assolti

Col mitra in auto per la faida, accuse in frantumi: tre assolti
Condannato a otto anni soltanto il reo confesso Giuseppe Veneruso

NAPOLI. Un fucile d’assalto trovato nella loro disponibilità e uno spericolato inseguimento, con tanto di volanti della polizia speronate, non sono bastati a inchiodarli alle loro presunte responsabilità. Il commando di giovanissimi, gran parte dei quali ritenuti vicini al temibile clan De Luca Bossa-Minichini di Ponticelli, al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato ha così non soltanto ottenuto un’assoluzione a dir poco clamorosa, ma è riuscito a spuntare anche l’immediata scarcerazione. Da ieri sono dunque tornati a piede libero Giuseppe Iacovelli, Vincenzo Barbato e Giuseppe Damiano. Proseguirà invece la propria permanenza in carcere il coimputato Giuseppe Veneruso, reo confesso, al quale il giudice ha inflitto otto anni di reclusione. Ciro Giovanniello sarà invece processato a breve con il rito ordinario. La linea della Direzione distrettuale antimafia non è dunque riuscita a fare breccia. Il pubblico ministero, anche sulla scorta della seconda ordinanza con cui aveva contestato al commando l’aggravante mafiosa, aveva chiesto al giudice di condannare i quattro imputati a quattro anni di carcere a testa. Il gip, dando ampio accoglimento alle argomentazioni del collegio difensivo (avvocati Giuseppe Milazzo, Leopoldo Perone, Mario Ferbo, Immacolata Romano, Angelo Peccerella e Guglielmo Ventrone), ha però assolto ben tre imputati su quattro.

Al netto della confessione di Veneruso, che già dopo l’arresto scattato nel settembre scorso si era addossato l’esclusiva responsabilità del mitra, gli avvocati degli imputati hanno sostenuto, e a questo punto anche dimostrato, che quel giorno gli imputati, nonostante la micidiale arma che stavano trasportando, non avevano alcuna intenzione di compiere un agguato. Di tutt’altro avviso era stata la Procura, la quale aveva ipotizzato che i cinque stessero pattugliando le strade di Ponticelli in attesa di colpire, per vendetta, qualcuno del clan rivale forse dei De Micco-De Martino: pochi giorni prima, il 15 settembre, Giuseppe Damiano era scampato miracolosamente a un agguato. Proprio Damiano e Barbato, come si evince dal capo di imputazione, venivano ritenuti dalla Dda vicini al clan De Luca BossaMinichini con base nel lotto 0 di Ponticelli. Un quadro indiziario che almeno in questa fase processuale si è però rivelato tutt’altro che granitico. Incassata l’assoluzione, Barbato, Damiano e Iacovelli sono così tornati a piede libero.

Un colpo di scena che potrebbe tra l’altro innescare più di qualche fibrillazione nella sempre problematica periferia est. La vicenda che è ha portato all’arresto dei cinque è tristemente nota. Il 25 settembre 2021 gli agenti dell’Upg, durante il servizio di controllo del territorio, nel transitare in viale delle Metamorfosi hanno notato il gruppetto a bordo di un’autovettura che alla loro vista ha accelerato. È così cominciato l’inseguimento, terminato all’angolo con via Bronzi di Riace dove, dopo aver impattato contro la volante, il conducente è sceso dalla “Panda”, ha estratto una pistola mitragliatrice puntandola contro i poliziotti e si è dato alla fuga a piedi nelle strade limitrofe mentre i passeggeri venivano bloccati. Poco dopo, una pattuglia del commissariato San Giovanni-Barra ha visto in via Bronzi di Riace un uomo corrispondente alle descrizioni del fuggitivo che correva verso via Cleopatra e che alla vista della volante ha tentato di allontanarsi. Ma è stato raggiunto e bloccato. I cinque del commando sono stati così fermati per armi, lesioni aggravate e resistenza.

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