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05 Giugno 2022 - 07:00
SAN GIOVANNI A TEDUCCIO Le rivelazioni del pentito Umberto D’Amico “’o lione”. Mandanti del delitto furono padre e zii del pentito. Ecco come il clan pagava i killer
NAPOLI. “Armando De Maio ebbe 3.000 euro per l’omicidio di Patrizio Reale e una pistola “357 magnum” in quanto esecutore materiale”. Parola di Umberto D’Amico “’o lione”, collaboratore di giustizia da 3 anni, reo confesso del delitto e principale accusatore dei presunti componenti della “paranza” che partecipò al clamoroso agguato a “Patriziotto”, sorpreso in un deposito utilizzato per la vendita della droga. Dopo quel delitto “eccellente” il clan dei “Gennarella” conquistò la maggior parte delle piazze di spaccio di San Giovanni a Teduccio. Ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, sono stati diversi i killer pagati nell’ordine delle poche migliaia di euro nella storia della camorra. A dimostrazione di come valga la vita degli esseri umani in certi ambienti, anche quando le vittime erano capiclan o ras di primo piano come nel caso di Patrizio Reale. L’omicidio comunque, a quanto emerso nel corso degli anni dalle dichiarazioni dei pentiti, verrebbe ricompensato in 2 modi: con uno stipendio superiore ai 2.000 euro oppure in aggiunta al fisso. Dalle indagini culminate il 16 maggio scorso in 6 arresti si è scoperto che padre e figlio parteciparono all’agguato: Luigi D’Amico come mandante, Umberto D’Amico come componente del gruppo di fuoco. Ma a distanza di anni il secondo è diventato collaboratore di giustizia, accusando il genitore e gli zii oltre che gli altri affiliati coinvolti nell’omicidio: complessivamente in sette. Il movente sta nella guerra che per lo spaccio di droga allora infuriava tra i “Gennarella”, alleati dei Mazzarella, e i ras di Pazzigno, vicini ai Rinaldi e all’Alleanza di Secondigliano. Sono stati i poliziotti della sezione “C.O.” della Squadra mobile della questura di Napoli a indagare con il coordinamento della Dda e a eseguire le 6 ordinanze di custodia cautelare a carico dei fratelli ras Salvatore D’Amico “’o pirata”; Luigi D’Amico “Gigiotto”; Gennaro D’Amico detto “Ennaro”; Armando De Maio; Ciro Ciriello; Gesualdo Sartori. Con loro è indagato (ai domiciliari in località segreta e sotto protezione) Umberto D’Amico “o’ lione”. Altri pentiti che hanno parlato sul delitto sono Vincenzo Battaglia, Alfonso Mazzarella, Cristiano Piezzo, Maurizio Ferraiuolo e Tommaso Schisa. «Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale”, ha messo a verbale Umberto D’Amico, con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, i miei zii Salvatore e Gennaro. Esecutori materiali Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta con me mentre a sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata giù alla marina, dove sta porto Fiorito: era una 38 special. Io ero sulla mia macchina, una classe B,insieme a Ciro Ciriello».
Da sinistra Armando De Maio, al centro Patrizio Reale, a destra Umberto D’Amico, alias “’o lione” oggi collaboratore di giustizia
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