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09 Giugno 2022 - 08:02
Le accuse del pentito D’Amico reggono: ordinanza di custodia cautelare confermata pure per l’ultimo killer
NAPOLI. Dopo le manette scattate poche settimane fa, arriva la prima tegola giudiziaria per i presunti killer del ras di San Giovanni a Teduccio, Patrizio Reale. I giudici del Riesame, sposando a pieno la linea della Procura e ritenendo solidi i gravi indizi di colpevolezza raccolti a suo carico, hanno confermato l’ordinanza di custodia cautelare anche per Armando De Maio: l’uomo del clan D’Amico-Mazzarella resta dunque ancora dietro le sbarre. Nei giorni precedenti la stessa sorte era toccata anche ai presunti mandanti dell’agguato del 2009, i fratelli boss Luigi D’Amico e Salvatore D’Amico “’o pirata”, e per Ciro Ciriello. Il tribunale delle Libertà aveva invece “salvato” il terzo fratello ras, Gennaro D’Amico: tutti e tre erano stati accusati dal pentito Umberto D’Amico “’o lione”, il quale li aveva inquadrati come i responsabili dell’assassinio di “Patriziotto”.
Le indagini avevano portato all’esecuzione di sette arresti, killer e mandanti, e la svolta sul caso era arrivata grazie al recente, oltre che eccellente, pentimento del ras e killer Umberto D’Amico “’o lione”, il quale aveva sostanzialmente dato riscontro alle precedenti ricostruzioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Battaglia, ex sicario del clan Formicola che già nel 2012 aveva parlato del delitto Reale. In sede di Riesame si erano però rivelate vincenti le argomentazioni del difensore di Gennaro D’Amico, l’avvocato Sergio Lino Morra, il quale, oltre a porre l’accento sul fatto che le informazioni di Battaglia fossero state apprese “de relato”, ha evidenziato un’ulteriore, importante circostanza: da nessuna delle intercettazioni ambientali effettuate all’epoca dei fatti emergeva il coinvolgimento di Gennaro D’Amico. Da qui la decisione dei giudici delle Libertà di annullare l’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico del ras di San Giovanni a Teduccio. Accuse confermate invece per gli altri due presunti mandanti, Salvatore D’Amico “’o pirata” e Lugi D’Amico (padre del pentito Umberto), oltre che per Ciro Ciriello.
Ordinanza annullata, infine, anche per l’allora minorenne, oltre che genero di Salvatore D’Amico, accusato di aver preso parte all’omicidio, scagionato grazie alle argomentazioni dei suoi legali, gli avvocati Leopoldo Perone e Saverio Senese. L’agguato mortale ai danni di Patrizio Reale arrivò come un fulmine a ciel sereno durante la - seppur breve - tregua tra i clan di San Giovanni. «Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale - ha messo a verbale Umberto D’Amico - con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, i miei zii Salvatore e Gennaro. Esecutori materiali Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta con me mentre a sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata giù alla marina, dove sta ero sulla mia macchina, una “Classe B”, insieme a Ciro Ciriello. Gesualdo Armano erano su un Sh nero rubato». “’O lione” nello stesso interrogatorio ha poi riferito: «Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa». Di lì a breve arrivò la sentenza di morte.
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