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12 Giugno 2022 - 09:08
NAPOLI. Che dietro l’omicidio di Ciro D’Ambrosio, venditore di sigarette di contrabbando che pagava il pizzo a due clan, ci fosse il clan De Micco emerse già dalle prime indagini. Ma ora spunta un pentito ex “Bodo” che si accusa e punta l’indice contro tre vecchi amici di camorra. «Ho partecipato all’omicidio di “Samurai”», ha messo a verbale Rosario Rolletta. Per poi aggiungere: «Il mio ruolo fu quello di supporto a “Rocchino” (Rocco Capasso) che aveva recuperato l’autovettura utilizzata. A commettere il delitto furono Flavio Salzano (ucciso anni dopo dal suo stesso gruppo) e Francesco de Bernardo». Il verbale del collaboratore di giustizia è inedito giornalisticamente e va premesso che le persone tirate in ballo devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. L’omicidio avvenne il 24 marzo 2015 e non risultano persone indagate nonostante fin dal primo momento le investigazioni si appuntarono sul clan De Micco.
Ora le dichiarazioni di Rosario Rolletta potrebbero riaprire il caso anche sulla base del presunto movente, indicato agli inquirenti da un socio in affari di Ciro D’Ambrosio. Secondo la ricostruzione del testimone, che non ha mai fatto nomi, il contrabbandiere gestiva due bancarelle a Ponticelli pagando il pizzo sia ai D’Amico- “Fraulella” che ai “Bodo”. A un certo punto non ce l’avrebbe fatta più a restare al passo con le quote di tangenti e chiese una dilazione che gli sarebbe stata però rifiutata. «Ciro - ha messo a verbale l’uomo - gestiva due bancarelle: una in via Madonnelle, e l’altra in via Mario Palermo. Dal momento in cui ho iniziato a collaborare con lui per la gestione delle bancarelle ho saputo che doveva pagare delle quote ai due clan presenti su Ponticelli. E precisamente 700 euro al mese ai “Bodo” per via Madonnelle mentre per quella in via Mario Palermo versava 800 euro ai D’Amico. Fin quando la fornitura di sigarette era costante, riusciva a pagare entrambi i clan senza mai lamentarsi. Poi per la crisi del contrabbando si è visto costretto a chiudere la bancarella di via Madonnelle e quindi a non poter più pagare i De Micco. Più volte mi aveva confidato di temere violente ritorsioni, ma sono sicuro che non li ha più pagati nonostante le loro continue sollecitazioni e il fatto che non esistesse più l’attività. I “Bodo” infatti sostenevano che comandavano loro a Ponticelli e non i D’Amico. Pochi giorni prima dell’omicidio fu convocato dai vertici dei De Micco e quando tornò lo vidi preoccupato perché gli era stato intimato di pagare la quota che serviva per il mantenimento dei carcerati».
La sera del 25 marzo del 2015 mentre Ciro D’Amborsio “’o samurai” era vicino alla bancarella in via Mario Palermo insieme con il socio quando arrivò una Fiat Punto con i killer a bordo. D’Ambrosio intuì il pericolo e cercò di scappare, ma fu inseguito, raggiunto e ucciso. L’amico nel frattempo era riuscito a mettersi al riparo mentre uno dei proiettili esplosi aveva centrato un migrante del Bangladesh in attesa del bus alla fermata.
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