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15 Giugno 2022 - 07:07
Il Riesame gela la Procura e nonostante la condanna a 16 anni il ras Paone lascia il carcere: clan in fibrillazione
NAPOLI. Nonostante la recentissima condanna sedici anni di carcere per associazione mafiosa è riuscito a ottenere gli arresti domiciliari. Una scarcerazione a dir poco eccellente quella di Raffaele Paone “Rafaniello”, presunto reggente del clan della Vanella Grassi e cugino del rampollo Vincenzo Grimaldi, che adesso rischia di creare non poco scompiglio negli ambienti malavitosi di Scampia, Secondigliano e San Pietro a Patierno. Proprio in quest’ultimo quartiere il ras ha fatto ritorno ieri dopo aver lasciato il carcere siciliano di Siracusa nel quale si trovava detenuto ormai dall’estate di due anni fa. Il colpo di scena è arrivato innanzi ai giudici della dodicesima sezione del Riesame, i quali, accogliendo l’istanze dei difensori di Paone, gli avvocati Domenico Dello Iacono e Racco Maria Spina, hanno sostanzialmente sconfessato la linea della Procura concedendo a “Rafaniello” il beneficio degli arresti domiciliari nel proprio quartiere di origine. I motivi della decisione non sono al momento stati ancora depositati, ma è probabile che i giudici della Libertà abbiano ritenuto attenute le esigenze di custodia cautelare.
La scarcerazione di Paone potrebbe però adesso innescare più di qualche fibrillazione negli ambienti di mala della zona. “Rafaniello”, stando alla ricostruzione accusatoria, previo consenso del cugino Vincenzo Grimaldi, figlio del defunto boss “Bombolone”, sarebbe infatti diventato per un certo periodo l’indiscusso ras del gruppo con base a San Pietro a Patierno e di riflesso anche dell’intero cartello della Vanella Grassi. Nella primavera del 2018 i riflettori della Dda si sono orientati con particolare insistenza sulle attività del sottogruppo capeggiato dal rampollo Vincenzo Grimaldi, figlio del defunto boss Carmine “bombolone”. Il ras, insieme ai complici Nicola De Maso, Luigi Burzio, al cugino Raffaele Paone, Gennaro Romano, Vincenzo Giglio e Salvatore Lamonica, hanno così dovuto rispondere di una vera e propria raffica di taglieggiamenti aggravati dal metodo e dal fine mafioso. Nel mirino del clan sarebbero finiti infatti numerosi commercianti e imprenditori. Il 5 marzo 2018 gli aguzzini pretesero una cifra al momento non quantificata dai titolari della “Edil Paciullo”: in caso di mancato pagamento, secondo gli inquirenti, l’attività sarebbe stata costretta alla chiusura. Tra il 23 e il 27 marzo finì invece nel mirino il negozio di abbigliamento di via Pascale: «I compagni di qua vogliono il regalo per Pasqua.
Tutti stanno pagando, il fioraio, il tabaccaio, anche il ferramenta», fu l’avvertimento consegnato al malcapitato commerciante che, messo alle strette, consegnò al commando 250 euro. Durante quella stessa settimana gli uomini del clan Grimaldi decisero di alzare il tiro bussando alla porta della ferramenta di via Pascale, dalla quale ottennero la somma di 500 euro. Un identico copione è poi andato in replica in occasione delle “visite” fatte dagli aguzzini di San Pietro a Patierno al negozio di cornici di via Fermi, a Casoria, nella tabaccheria di via Nuovo Tempio e nella rivendita di bibite di via III traversa Aria Nova. Sfoderando una spregiudicatezza fuori dal comune, i Grimaldi erano così riusciti a imporre la propria ingombrante presenza su tutto il territorio. Dagli atti dell’inchiesta emergeva anche un preoccupante cambio di strategia rispetto al recente passato, con l’imposizione del pizzo anche ad attività che fino a quel momento erano state graziate. È il caso, ad esempio, del panificio di via Vittorio Emanuele III, il cui titolare venne avvicinato senza tanti giri di parole e minacciato
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