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Il clan Ciccarelli è al tappeto, il fedelissimo del ras si pente

Il clan Ciccarelli è al tappeto, il fedelissimo del ras si pente

Il killer della cosca parla con i pm: «Pellino ucciso per averci chiesto il pizzo»

NAPOLI. Nel giro di un anno sono precipitate sulla sua testa con il peso di un’incudine ben due ordinanze di custodia cautelare: la prima per associazione mafiosa e finalizzata al traffico di droga; la seconda per il duplice omicidio di Gennaro Amaro ed Emilio Solimene. Proprio quest’ultima si è rivelata determinante per le sue sorti giudiziarie e alla fine Antonio Cocci, killer e braccio destro del boss di Caivano Antonio Ciccarelli, ha deciso di gettarsi tra le braccia dello Stato prima di andare a schiantarsi su una possibile, per non dire certa, condanna all’ergastolo.

La mossa di Cocci rischia adesso di avere un impatto devastanti sulle sorti della mala del Parco Verde di Caivano e a tremare è soprattutto la nuova cupola della cosca, quella che farebbe capo al ras Ciccarelli detto “munnezz”. Il neo collaboratore di giustizia ha reso il primo interrogatorio il 27 maggio e ieri mattina il pubblico ministero ha depositato ben tre verbali nel processo scaturito dalla retata del 20 maggio dello scorso anno. I documenti presentano numerose pagine omissate, ma tanto basta a capire il potenziale delle dichiarazioni già rese da Cocci, che ha subito chiarito: «Sono detenuto dal novembre 2019 in seguito all’ordinanza di custodia cautelare per camorra per il clan Sautto-Ciccarelli, per la quale sono stato condannato in primo grado. Ho tuttavia conoscenza anche di fatti più recenti, in quanto in carcere ho sempre avuto a disposizione telefoni cellulari, sia quando sono stato detenuto a Secondigliano, sia quando sono stato trasferito a Terni».

Nel corso della prima deposizione l’ex sicario del clan, indagato come esecutore materiale dell’omicidio Amaro, ha subito parlato del suo rapporto con il boss: «Mi sono affiliato ad Antonio Ciccarelli nel 2012, quando lui è stato scarcerato e ha iniziato il sistema a Caivano. Io per lui ero come un figlio e ho avuto con lui un legame fortissimo; ero l’unico insieme a Corrado Schiavoni a stare sempre a casa sua». Entrando invece nel merito degli “affari” della cosca: «Gestivo per conto di Ciccarelli la piazza di erba, che è stata la prima a essere aperta da Ciccarelli, che poi ha iniziato a imporsi su tutte le altre piazze creando il cosiddetto “sistema Parco Verde”, divenuto la più grande piazza di spaccio d’Europa.

Prima della scarcerazione di Ciccarelli c’erano solo cani sciolti, non c’era un leader. Prima che uscisse dal carcere, frequentavo Massimo Gallo che già all’epoca vendeva cocaina e si diceva che negli anni ’90 avesse attentato alla vita di “caciotta”». In un successivo passaggio il neo pentito fa poi riferimento a un grave fatto di sangue per il quale sono ancora in corso dei processi: «In merito all’omicidio di Modestino Pellino, posso dire che quando è stato ammazzato era il referente per il clan Moccia di tutte nostre zone, ovvero Caivano, Crispano, Casoria, Afragola e Frattaminore, ed è stato ucciso perché si è contrapposto ad Antonio Ciccarelli, in quando pretendeva le quote estorsive di Caivano». Accuse pesanti come macigni, che nel corso delle prossime udienze saranno scandagliate dal collegio difensivo (costituito tra gli altri dagli avvocati Salvatore Pettirossi, Dario Carmine Procentese, Claudio Davino, Sabato Graziano), il quale proverà a individuare eventuali incongruenze e zone d’ombra al fine di limitare i danni.

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