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Clan Troia, inchiesta a picco

Clan Troia, inchiesta a picco

Colpo di scena in Cassazione, tutto da rifare per la costola dei Mazzarella: nuovo appello per 15 ras e pusher

NAPOLI. Sulla dirompente inchiesta giudiziaria che avrebbe dovuto accertare l’esistenza del clan Troia di San Giorgio a Cremano si abbatte come una scure il verdetto della Cassazione. La Suprema Corte ha annullato in un colpo solo quindici condanne, confermandone soltanto due e disponendo un nuovo esame da parte della Corte d’appello, la quale, dopo la stangata inflitta nel luglio del 2020, con oltre due secoli di carcere, dovrà adesso tenere conto dei rilievi degli Ermellini, i quali hanno contestato per grande parte degli imputati, compresi i presunti capi e promotori, proprio l’aggravante mafiosa. La sentenza pronunciata dai giudici della Quinta sezione della Corte di Cassazione rischia adesso di ribaltare profondamente la prospettiva accusatoria e per la presunta costola del clan Mazzarella di San Giovanni a Teduccio la possibilità di andare incontro a una lunga serie di sostanziosi sconti di pena è tutt’altro che remota. Gli Ermellini hanno infatti annullato con rinvio la condanna inflitta alla presunta cassiera della cosca Concetta Aprea (difesa dall’avvocato Leopoldo Perone), figlia del ras ergastolano Ciro Aprea e consorte di Francesco Troia. Tutto da rifare anche per Alfredo Troia. La Cassazione ha invece annullato con rinvio, ma in ordine alle aggravanti dell’associazione mafiosa e dell’associazione armata, per Immacolata Iattarelli, Francesco Troia e Vincenzo Troia (classe 1979). Per effetto estensivo la Corte ha disposto la celebrazione di un nuovo processo d’appello anche per Marcello Carrotta, Luigi Castellano, Ciro D’Amato, Cosimo Di Domenico, Gennaro Ferrara, Gaetano Montella, Aniello Niccolò, Salvatore Siano, Vincenzo Troia (classe 1993) e Giovanni Vicchiarello. Dichiarati infine inammissibili i ricorsi proposti da Salvatore Bronzino e Marco Gallifuoco, condannati al pagamento delle spese processuali. Ampio accoglimento dunque alle argomentazioni del collegio difensivo, costituito dagli avvocati Leopoldo Perone, Claudio Davino, Giuseppe Milazzo, Emilio Coppola, Valiero Spigarelli, Carlo Ercolino, Immacolata Romano, Antonio Gallo, Antonio Sorbilli e Giuseppe Stellato. La palla passa nuovamente ai giudici d’appello. L’inchiesta sul clan Troia era giunta al capolinea nel dicembre 2018, quando il blitz anti-camorra messo a segno a San Giorgio a Cremano aveva portato all’esecuzione di 37 misure cautelari a carico di altrettanti presunti affiliati. I carabinieri avevano eseguito le misure emesse dal gip a vario titolo per associazione per delinquere di tipo mafioso e di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti e di banconote false contro componenti di gruppi attivi non solo nel comune vesuviano ma anche nelle zone limitrofe. Nel corso delle indagini dirette e coordinate dalla Dda, i militari dell’Arma avevano documentato che la gestione delle piazze di spaccio di cocaina, crack, marijuana e hashish era stata motivo di scontro con altre organizzazioni criminali e per azioni violente, tra le quali l’esplosione, nell’aprile 2016, di un’autobomba. Otto le basi di spaccio con cui i ras foraggiavano l’organizzazione.

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