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18 Giugno 2022 - 08:00
L’inchiesta sui narcos del gruppo De Lucia regge, ma sette ottengono importanti sconti di pena
NAPOLI. Dopo la sfilza di condanne incassate in primo grado, per i narcos e i pusher del clan Di Lauro, sponda gruppo De Lucia, arriva il momento degli “sconti”. Reduci dal verdetto tutt’altro che soft rimediato nel settembre del 2019, sette imputati su dieci ieri pomeriggio si sono visti rideterminare le condanne dalla Corte d’appello di Napoli. I giudici di secondo grado hanno così rivisto al ribasso le pene inflitte a Giovanni Bellone, 12 anni di reclusione, Giuseppe De Luca (nella foto a destra), 13 anni e 4 mesi, Anna Matuozzo, 10 anni e 10 mesi, Angela Di Marzo (difesa dall’avvocato Dario Carmine Procentese, inizialmente accusata di traffico di stupefacenti e già assolta in primo grad), 4 anni, e Giuseppina Curzo, 4 anni. Gennaro Balsamo (nella foto a sinistra) grazie al riconoscimento del vincolo della continuazione è riuscito a cavarsela con 14 anni e 4 mesi; stessa sorte anche Gianmarco Migliozzo, che ha così incassato 7 anni. Confermate invece le pene inflitte in primo grado a Giuseppe De Martino, 10 anni di carcere, Raffaele Chiummo, 10 anni, e Carmine Del Medico, 6 anni. Del collegio difensivo facevano parte, tra gli altri, anche gli avvocati Carlo Ercolino, Antonella Regine e Michele Caiafa. Nell’aprile del 2015 erano finiti in manette in ventisette con l’accusa di essere l’ultima rete di narcotrafficanti al servizio del clan Di Lauro. Un’organizzazione ramificata nei quartieri Secondigliano e Scampia, quella gestita dal gruppo capeggiato dai cugini Paolo e Sergio De Lucia, che avrebbe messo a ferro e a fuoco l’area nord di Napoli invadendone le basi di spaccio con fiumi di droga ma anche imponendo una raffica di estorsioni, in primis agli ambulanti che operavano all’interno del mercatino del rione Monterosa. Di assoluta consistenza le richieste di pena avanzate dalla Dda in sede di requisitoria, che in alcuni casi hanno raggiunto i 16 anni di reclusione. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo eseguito il 21 aprile del 2015 c’erano l’allora super latitante Marco Di Lauro e Daniele Tarantino, storico affiliato alla cosca che aveva la base a cupa dell’Arco. Talmente fedele alla “causa” che fu incaricato di uccidere il numero uno dei nemici “scissionisti”, il boss Raffaele Amato detto “’a vecchierella”. L’agguato doveva avvenire in Spagna durante il gran premio di Formula 1, ma fallì perché c’era troppa polizia in giro.
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