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22 Giugno 2022 - 07:00
Disastro ambientale, fuori i nove uomini della gang di “’o palumbar”
NAPOLI. Secondo gli inquirenti sarebbe stato il dominus indiscusso di un’organizzazione criminale specializzata nella pesca di frodo e, in particolare, nel prelievo fuorilegge di datteri di mare. Dopo oltre un anno il processo che avrebbe dovuto fare luce sulle sue presunte responsabilità è però ancora fermo al palo e, scaduti ormai i termini di fase, ecco che per il presunto capo della holding, il pescivendolo secondiglianese Pasquale Amato “’o palumbar”, si sono riaperte le porte del carcere di Poggioreale. Il 57enne commerciante, dopo mesi di ininterrotta detenzione, già nella prima serata di ieri ha lasciato la casa circondariale “Giuseppe Salvia”, ma per il momento non potrà fare ritorno nella propria abitazione, in quanto il giudice ha deciso di applicare nei suoi confronti la misura cautelare del divieto di dimora in Campania: provvedimento che il difensore di fiducia di Amato, l’avvocato Paolo Gallina, è pronto a impugnare a strettissimo giro di posta.
Tuttavia proprio la strategia intavolata dal legale di “’o palumbar” si è fin qui rivelata vincente. Accusato di disastro ambientale, il noto commerciante di Secondigliano aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato condizionato: formula processuale che, secondo i piani della difesa, doveva essere condizionata alla nomina di un perito che attestasse l’effettivo livello di danneggiamento causato ai fondali del Molosiglio dall’organizzazione capeggiata da Amato. Nel frattempo il processo finisce però per rimbalzare davanti a diverse autorità giudiziarie e, nonostante la nomina del perito, finisce per superare il primo termine di fase, a partire dal decreto di giudizio immediato, che era stato fissato per metà giugno. Un clamoroso episodio di giustizia al rallentatore, in ragione del quale Pasquale Amato si è imbattuto in un’inattesa scarcerazione. Già a marzo, come raccontato dal nostro giornale, l’avvocato Gallina aveva sollecitato la scarcerazione a causa di alcuni importanti problemi di salute da cui il suo assistito è da tempo affetto. Insieme a Pasquale Amato (unico ancora detenuto) sono tornati ieri a piede libero Pasquale Amato (classe 1965), Vincenzo Amato (classe 1970), Luciano Donnarumma, Giuseppe Viola, Elpidio Viola, Catello Viola e Vincenzo Amato (classe 1990) e Mario Amato. Per tutti la terza sezione del tribunale di Napoli ha applicato la misura del divieto di dimora in Campania. Tornando invece all’inchiesta che ha coinvolto i nove imputati, il Molo San Vincenzo e il Molo San Giovanni erano diventati il territorio di caccia del 57enne Pasquale Amato, alias “’o palumbar”, titolare dell’omonima pescheria di via del Cassano e - così lo definiscono gli inquirenti - «autentico dominus del mercato nero del dattero di mare».
Il pescivendolo arrestato insieme ad altre dodici persone, tra cui numerosi familiari, compresi cugino e nipote, sarebbe stato per anni e anni il «coordinatore delle attività del sodalizio criminale sul territorio del comune di Napoli e di quelli limitrofi, cioè Quarto, Villa Literno, Volla, Castel Volturno, Sant’Antimo, Pozzuoli, Giugliano e Bacoli. Una figura tentacolare, quella di Amato, che prima di finire a Poggioreale è stato in grado di gestire un business illecito i cui danni potrebbero essere incalcolabili. Le indagini sono arrivate alla svolta grazie a una fittissima attività di intercettazione telefonica effettuata a cavallo tra il 2019 e l’inizio del 2020. Sette mesi di registrazioni che hanno consentito di identificare tutti i presunti componenti della paranza.
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