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Il neo pentito è uno tsunami: esordio in aula, tremano i ras

Il neo pentito è uno tsunami: esordio in aula, tremano i ras

Antonio Cocci e il “sistema” di Caivano: «Ormai comandava Sautto»

NAPOLI. L’ex killer del clan Ciccarelli non arretra, ma anzi rilancia con una sfilza di inedite accuse rivolte ai massimi esponenti della malavita di Caivano e dintorni. Il neo pentito Antonio Cocci, ex fedelissimo del capoclan Antonio Ciccarelli, fa il proprio esordio in aula come teste d’accusa e quella che ne viene fuori è un’udienza infuocata, con decine di riconoscimenti e ricostruzioni in merito alle alleanze tra i clan del Parco Verde e, soprattutto, sui fiumi di droga che hanno consentito alla cosca di diventare una vera e propria holding del narcotraffico. La notizia del pentimento di Cocci, anticipata pochi giorni fa dal nostro giornale, si è dunque abbattuta come uno tsunami su ras e affiliati del cartello Ciccarelli-Sautto. Ieri mattina, nel processo di primo grado che si sta celebrando con il rito abbreviato, il neo collaboratore di giustizia è intervenuto in aula in qualità di teste della pubblica accusa. L’ex narcos e sicario ha parlato del rapporto con Ciro Cuomo, suo «braccio destro e gestore della piazza di piazza di spaccio». Cocci ha poi puntato il dito contro il ras Nicola Sautto, che «dopo l’uscita di scena di Antonio Ciccarelli aveva preso il comando della cosca», occupandosi non solo di droga, ma anche di estorsioni.

Un affare da svariate centinaia di migliaia di euro che si sarebbe esteso dal Parco Verde di Caivano ai vicini «comuni di Cardito e Frattamaggiore». Uno dei passaggi è stato poi dedicato al ruolo del narcotrafficante Pasquale Fucito “’o marziano”, il quale in occasione di un sequestro di 150mila euro subito da Ciro Lucarelli, si sarebbe interessato del “problema” rivolgendosi al carabiniere infedele Lazzaro Cioffi, che aveva preso parte al blitz. Antonio Cocci ha poi spiegato il ruolo delle donne all’interno dell’organizzazione e in particolare quello avuto da Antonietta Ruggiano, madre del ras Fucito, che «in occasione degli arresti degli affiliati si occupava di distribuire le mesate agli affiliati». Sul punto, il neo pentito ha però sostenuto di non aver mai ricevuto alcuno stipendio dal clan: «Quando sono stato arrestato - ha affermato in aula - nessuno mi ha aiutato». Riferendosi invece al patrigno Giovanni Parisi, il collaboratore di giustizia l’ha inquadrato come «il fondatore della piazza di spaccio» insieme al fratello Raffaele Cocci. I due nel corso degli anni avrebbero però avuto dei gravi contrasti, tanto da arrivare a dividersi la gestione della “base” «una settimana ciascuno».

Il collegio difensivo (avvocati Antonio Abet, Dario Carmine Procentese, Rocco Maria Spina, Leopoldo Perone e Salvatore D’Antonio) ha provato a eccepire l’inutilizzabilità delle dichiarazioni del neo pentito, ma l’istanza è stata respinta dal gip Ciollaro. La mossa di Cocci rischia adesso di avere un impatto devastante sulle sorti della mala del Parco Verde di Caivano e a tremare è soprattutto la nuova cupola della cosca, quella che farebbe capo al ras Ciccarelli detto “munnezz”. Il neo collaboratore di giustizia ha reso il primo interrogatorio il 27 maggio e il pm ha già depositato tre verbali nel processo scaturito dalla retata del 20 maggio 2021. I documenti presentano numerose pagine omissate, ma tanto basta a capire il potenziale delle dichiarazioni rese da Cocci, che ha subito chiarito: «Sono detenuto da novembre 2019 in seguito all’ordinanza per camorra per il clan Sautto-Ciccarelli. Ho conoscenza anche di fatti più recenti, in quanto ho sempre avuto telefoni cellulari, sia quando sono stato detenuto a Secondigliano, sia quando sono stato trasferito a Terni».

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