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29 Giugno 2022 - 07:00
CAMORRAAccuse al clan Sibillo e a Ciro Contini: «Ci prendemmo il Mercato». Il pentito Rivieccio in aula: «Devo ancora pagare un omicidio»
NAPOLI. Gli ultimi ras della paranza dei bambini potrebbero ancora avere un conto più che aperto con la giustizia. In ballo ci sono non soltanto i sempre remunerativi affari di droga e il business del racket, veri e propri asset del clan Sibillo, ma anche alcuni gravi fatti di sangue ad oggi irrisolti. Parola del neo collaboratore di giustizia Antonio Rivieccio, gola profonda della mala di Forcella, che, chiamato a deporre in aula in qualità di teste dell’accusa, ha puntato il dito contro il “ponte di comando” della cosca e, in particolare, contro l’uomo che avrebbe retto il clan tra il 2015 e il 2016: il giovane ras Ciro Contini “’o nirone”, nipote del boss dell’Alleanza di Secondigliano Eduardo Contini “’o romano”. Rispondendo ai quesiti di pubblico ministero e collegio difensivo, Rivieccio ha però involontariamente fatto trapelare un’anteprima: «Ho fatto un omicidio che ancora non sto pagando». Su questo delitto vige al momento il massimo riserbo investigativo, ma stando a quanto emerso nel corso dell’udienza celebrata davanti alla Prima sezione penale del tribunale di Napoli i presunti ras della cosca che ha seminato sangue e terrore tra i vicoli del centro storico potrebbero presto essere chiamati a risponderne. Rivieccio, pentito dall’8 febbraio del 2021, ha intanto fornito una precisa ricostruzione della cupola della paranza dei bambini all’epoca della sua affiliazione: «Tra novembre e dicembre del 2015 - ha spiegato - entrai a far parte del clan Sibillo e sono rimasto fino al mio arresto per droga, nell’aprile del 2017». Antonio Rivieccio ha poi indicato senza esitazione il nome del “gancio” grazie al quale è entrato nella cosca: «Tramite Ciro Contini, che in quel periodo era il reggente del clan Sibillo, insieme a Francesco Pio Corallo, Luca Capuano, Daniele Napoletano, Giuseppe Gambardella». In un passaggio successivo è stato invece tirato in ballo il ras Nicolas Brunetti: «Stava nella Maddalena, era un nostro alleato». In quel periodo, nonostante l’omicidio del giovanissimo ras Emanuele Sibillo, la cosca di piazza San Gaetano riuscì comunque ad avere una fortissima espansione sul territorio, arrivando a controllare anche la zona del Mercato, storica roccaforte del clan Mazzarella. Un allargamento che causò importanti spargimenti di sangue, oltre a decine di stese. E anche su questo aspetto Antonio Rivieccio ha fornito delle inedite indicazioni: «Poi io e Michele Minichini (esponente di punta dell’omonimo clan con base a Ponticelli, ndr) ci siamo presi piazza Mercato». E ancora: «Minichini ha fatto un tentato omicidio per prendersi piazza Mercato. Ha fatto un omicidio, che poi non è morto, Gennaro Catapano». Sul punto, il pentito ha spiegato: «Faceva parte del gruppo di Salvatore Maggio, lui in quel periodo era il referente di piazza Mercato. Rispondendo alle domande del collegio difensivo (avvocati Dario Carmine Procentese, Riccardo Ferone e Carlo Ercolino), Antonio Rivieccio ha infine rivelato che, a suo dire, il boss Pasquale Sibillo, che all’epoca era già detenuto, avrebbe dato ordine, tramite la moglie Vincenza Carrese,di scatenare un’epurazione interna: «Nel periodo del 2016 venne “Nancy” (l’ex lady Sibillo, ndr) fuori al bar di piazza Carlo III, stavamo io e Corallo e lei portò un biglietto che doveva morire Capuano e io mi opposi a Corallo perché io non volevo uccidere Capuano, era un mio amico». Quasi scontato il movente: «Doveva essere ucciso per un debito di droga con Lino Sibillo».
_ Nella foto il boss Ciro Contini “’o nirone”; nei riquadri il ras Michele Minichini “tiger”, Francesco Pio Corallo e il pentito Antonio Rivieccio
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