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30 Giugno 2022 - 07:31
La Corte d’appello concede le generiche a quasi tutti gli imputati
NAPOLI. L’ultimo super clan del rione Sanità torna alla sbarra per la conclusione del processo di secondo grado e quella che ne viene fuori è una nuova sfilza di condanne - ben ventinove - senza neppure un’assoluzione. L’inchiesta con cui la Procura antimafia ha azzerato il clan Mauro, vale a dire i ras della zona dei Miracoli, esce dunque sostanzialmente indenne anche da secondo grado di giudizio. Rispetto al primo grado, dove gli imputati avevano rimediato oltre due secoli e mezzo di reclusione, stavolta sono però arrivate numerose riduzioni di pena, grazie soprattutto al riconoscimento delle attenuanti generiche. Solo tre, invece, le condanne confermate. Questo, nel dettaglio, il verdetto pronunciato nel tardo pomeriggio di ieri dai giudici della sesta sezione della Corte d’appello di Napoli.
Pene riformate per Alessandro Alifante, 3 anni, Emanuele Imperatore, 6 anni e 8 mesi, e Salvatore Marfè, 5 anni. I giudici hanno invece riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti ai seguenti imputati: Ciro Mauro, 18 anni e 4 mesi (avvocato Sergio Lino Morra); Antonio Chiaro, 6 anni e 6 mesi; Assunta Chiaro, 10 anni (avvocati Sergio Lino Morra e Monica Margitti); Giuseppe Chiaro, 10 anni e 8 mesi (avvocato Sergio Lino Morra); Vincenzo Criscuolo, 6 anni (avvocato Domenico Dello Iacono); Salvatore D’Alessandro, 4 anni e 4 mesi (avvocato Leopoldo Perone); Biagio D’Alterio, 18 anni e 4 mesi; Francesco De Matteo, 4 anni e 8 mesi; Guido De Matteo, 10 anni e 8 mesi; Carlo Fiorito, 5 anni; Vincenzo Leonardo, 5 anni e 6 mesi; Gennaro Limongello, 5 anni; Giuseppe Marigliano.
1 anno e 4 mesi; Alfredo Mauro, 6 anni; Giovanni Mauro, 9 anni e 6 mesi (avvocato Dario Carmine Procentese); Salvatore Panaro, 9 anni e 6 mesi (avvocato Domenico Dello Iacono); Antonio Sorianiello, 10 anni; Gaetano Taglialatela, 9 anni e 6 mesi; Vincenzo Vacca, 5 anni e 8 mesi (avvocato Leopoldo Perone). Hanno invece patteggiato la pena Lorenzo Cacace (4 anni di reclusione), Mario Peluso (4 anni), Rita Pirozzi (1 anno e 4 mesi) e Francesco Riccio (3 anni e 8 mesi). La Corte d’appello ha infine confermato le condanne inflitte in primo grado a Pasquale Agnellino (6 anni di carcere), Giovanni Vespoli (12 anni) e Angelo Visco (12 anni). Gli imputati erano a vario titolo accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di droga, armi ed estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa. «Il clan Mauro è il più forte». Così arringava i presenti il boss Ciro Mauro durante un summit di camorra registrato dalla microspia piazzata in un locale nella sua disponibilità. Era il 2014 e da allora, secondo gli inquirenti e gli investigatori, il gruppo fece il salto di qualità: dal controllo della zona dei Miracoli all’intero rione Sanità entrando anche duramente in rotta di collisione con i Sequino-Savarese per le estorsioni e il traffico di droga. Ma all’alba del 26 novembre del 2019 lo Stato ha imposto un duro stop all’ascesa del boss “Ciruzzo ’o milionario” (anche prima di Paolo Di Lauro essendo più grande d’età) e dei sodali con un’operazione culminata in 19 arresti su 20 misure cautelari ottenute dalla Dda partenopea.
Tra gli arrestati, oltre al capo, figuravano anche i due figli Alfredo e Giovanni, la convivente Assunta Chiaro e i fratelli di quest’ultima. Un’egemonia, quella dei Mauro, destinata a frantumarsi forse definitivamente dopo l’ultima sfilza di condanne rimediate.
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