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Tensione a Miano, libero il sicario dei Balzano

Tensione a Miano, libero il sicario dei Balzano

NAPOLI. Nel giro di poco più di un mese prima ha lasciato il carcere per andare agli arresti domiciliari e adesso è anche tornato completamente a piede libero. Dopo un breve periodo trascorso ai margini dello scacchiere criminale della periferia nord di Napoli, il clan Balzano-Scarpellini rischia così di ricompattarsi all’improvviso. Grazie alla recente condanna al ribasso rimediata in appello, Cristian Celentano (nella foto a sinistra), ritenuto dagli inquirenti uno dei componenti del gruppo di fuoco della cosca di “abbasc Miano” e fedelissimo del giovane ras Matteo Balzano (nella foto a destra), ieri sera è stato completamente scarcerato dopo quasi due anni di ininterrotta detenzione.

Celentano, difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, è infatti riuscito a cavarsela con il solo obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Un colpo di scena scaturito sulla scorta dela recente esclusione dell’aggravante mafiosa da parte dei giudici della Corte d’appello. Il giovane mianese, vale la pena ricordarlo, era finito in manette nell’aprile del 2020, quando la polizia interruppe a Scampia un summit di camorra, con tanto di armi pronte all’uso, al quale stava prendendo parte insieme ad alcuni esponenti di punta del cartello Balzano-Scarpellini. Le indagini hanno accertato che le loro intenzioni non erano quelle di compiere un agguato per agevolare il proprio gruppo criminale di appartenenza e così nel novembre scorso il processo di appello che ha visto alla sbarra alcuni degli esponenti di punta dei clan Balzano-Scarpellini di Miano e della Vanella Grassi di Secondigliano si è concluso, grazie all’esclusione dell’aggravante della finalità mafiosa, con cinque condanne decisamente al ribasso.

I giudici della quarta sezione hanno infatti inflitto a Eduardo Franco Romano, Giuseppe Scarpellini, Giovanni Strazzullo, Cristian Celentano e Antonio Ramaglia 3 anni e 8 mesi di reclusione a testa. Nel processo di primo grado il verdetto si era rivelato invece ben meno morbido. Il giudice aveva infatti condannato tutti gli imputati alla pena di 4 anni e 10 mesi. Il colpo di scena ha però preso forma davanti giudici di appello, dove il collegio difensivo ha sostenuto e dimostrato che non ci fosse alcuna prova che le armi trovate nella disponibilità degli imputati sarebbero servire per compiere, magari di lì a breve, un agguato di camorra. Si sarebbe trattato, tutt’al più, di un sospetto, che però non ha trovato riscontro in sede processuale. Preso atto dell’incertezza del quadro indiziario, i giudici della Corte d’appello di Napoli hanno dunque deciso di escludere l’aggravante della finalità mafiosa, rivedendo di conseguenza al ribasso tutte le pene in precedenza inflitte. La vicenda che ha portato il commando alla sbarra risale alla fine di aprile 2020, quando la polizia mise a segno un blitz chirurgico in una delle roccaforti della mala secondiglianese.

Gli agenti avevano effettuato un controllo nell’abitazione di via III traversa Cupa Arianova (risultata poi di proprietà del ras Matteo Balzano) in cui hanno trovato cinque persone che, alla loro vista, hanno tentato la fuga. I poliziotti li hanno però subito bloccati trovando anche cinque pistole, di cui due con matricola abrasa, e 76 cartucce di diverso calibro; inoltre, è stata accertata la presenza di un sistema di videosorveglianza. Tra gli arrestati spiccava Giuseppe Scarpellini, storico capozona del clan di “abbasc Miano”, padre del ras Salvatore Scarpellini, nonché zio del boss della Vanella, Alessio Angrisano.

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