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Trovata cadavere in casa, non fu omicidio

Trovata cadavere in casa, non fu omicidio

San Giovanni a Teduccio, il pm scagiona Giovanni De Vita: resta solo l’accusa di maltrattamenti

NAPOLI. La morte di Anna Francesconi (nel riquadro) non è stata causata da un’aggressione e neppure da lesioni o percosse ripetute nel tempo. Dopo mesi di indagini e delicate consulenze tecniche, le indagini sul giallo di San Giovanni a Teduccio sono finalmente arrivate al primo, determinante punto di svolta. Il sostituto procuratore Luigi Santulli, dando pieno accoglimento alle argomentazioni difensive degli avvocati Giuseppe Milazzo e Immacolata Romano, ha infatti chiesto e ottenuto l’archiviazione per l’ipotesi di omicidio in precedenza spiccata a carico di Giovanni De Vita, il figlio dell’anziana donna trovata cadavere in casa nel dicembre del 2020. Il 46enne resta così indagato, ma non ancora imputato, soltanto per l’accusa di maltrattamenti. La svolta sul caso, come anticipato già lo scorso anno dal nostro giornale, è arrivata grazie al lavoro svolto dai consulenti incaricati dalla Procura e dalla difesa: entrambe le perizie alla fine hanno infatti concordato che Francesconi non è stata vittima di morte violenta.  Un colpo di scena clamoroso, che a questo punto spazza via i sospetti fin qui aleggiati sul figlio dell’anziana donna. De Vita, anche sulla scorta di alcune informazioni affidate da una sua parente alla polizia, è stato indagato a piede libero in quanto avrebbe più volte e per un lungo periodo picchiato l’anziana madre. Il consulente della Procura ha effettivamente riscontrato sulla salma alcune ecchimosi, in particolare al torace e sulle braccia, ma nessuno di quei lividi si è rivelato così profondo da essere considerato potenzialmente letale. Un riscontro tecnico che è andato nella stessa direzione di quanto fin qui sostenuto dal tandem difensivo Milazzo-Romano, che già nelle battute iniziali dell’indagine aveva sostenuto l’assenza di un nesso tra le percosse e la morte di Anna Francesconi. La scomparsa dell’anziana, avvenuta il 29 dicembre del 2020, aveva gettato nello sconforto l’intero quartiere. La notizia della sua morte si è diffusa rapidamente quando il figlio disabile, rincasando dopo aver sbrigato alcune commissioni in zona, si è accorto che la madre non respirava più. A quel punto il 46enne ha subito contattato una cugina che, arrivata nell’appartamento di corso San Giovanni a Teduccio nel giro di qualche minuto, ha chiamato le forze dell’ordine. In breve tempo sono così arrivati sul posto gli uomini della polizia di Stato per eseguire i rilievi tecnici di routine e ascoltare i due “testimoni”. Da subito sarebbero poi emerso che tra i due congiunti non correva proprio buon sangue: è stata inoltre proprio la donna a denunciare De Vita alle forze dell’ordine. Quest’ultimo, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, è stato fino ad oggi l’unico indagato per la morte della madre: sulla sua testa pendeva infatti l’accusa di omicidio, oltre a quella di maltrattamenti in famiglia. La Procura ipotizzava infatti che l’uomo avesse l’abitudine di mettere le mani addosso all’anziana e questa circostanza, ripetuta nel tempo, avrebbe causato nell’86enne un stato di stress tale da causarne la morte. Di tutt’altro avviso è stata da subito la difesa, la quale è alla fine riuscita a dimostrare l’innocenza del proprio assistito.

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