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Il killer D’Atri parla coi pm: svelato il patto agenti-boss

Il killer D’Atri parla coi pm: svelato il patto agenti-boss

Il sicario di Barra si pente e parla delle mazzette nel carcere di Secondigliano: «Trasferimenti controllati, favorimmo il ras Accurso. Al coordinatore Gigante 4mila euro»

NAPOLI. Da carcere di massima sicurezza a fortino dei più potenti clan della città, i quali, grazie a un vorticoso giro di tangenti, avrebbero tenuto sotto scacco un intero istituto penitenziario facendo il bello e il cattivo tempo. Tradotto: i ras di malanapoli, spalleggiati da un manipolo di agenti penitenziari infedeli, hanno potuto introdurre impunemente per anni droghe di ogni tipo e telefonini con i quali continuare a impartire ordini ai propri affiliati. A rivelare il “sistema” è oggi Eugenio D’Atri, killer ergastolano che dopo anni di detenzione ha deciso di collaborare con la giustizia, rivelando ai pm della Dda partenopea le numerose “falle” presenti nel carcere di Secondigliano. Quello di Eugenio D’Atri è un volto tristemente noto alle cronache locali. Originario di Barra, il 38enne è stato uno dei fedelissimi del boss di Forcella, Vincenzo Manauro “’o giurnalista”, sponda clan Stolder. Trasferitosi nel Vesuviano, D’Atri è stato poi coinvolto in alcuni gravi fatti di sangue: vicende per le quali ha riportato anche condanne pesantissime. L’ultima tegola giudiziaria è arrivata per lui pochi mesi fa, quando il suo nome ha fatto capolino nell’inchiesta che ha disarticolato un massiccio giro di spaccio nel carcere di Secondigliano. Incassato il nuovo provvedimento cautelare, D’Atri ha quindi deciso di dare un taglio ai propri trascorsi da camorrista e il 20 aprile scorso ha reso il primo, dirompente interrogatorio innanzi ai pm: «Ammetto di aver commesso i fatti che mi vengono contestati. Ammetto di aver posto in essere attività corruttive di agenti penitenziari allo scopo di consentire l’ingresso in carcere di telefoni cellulari e droga. Dal 5 febbraio 2018 fino al mio trasferimento ho svolto compiti di spesino nella sezione I reparto Ligure», ha subito messo in chiaro il neo pentito. A questo punto l’ex sicario di Napoli Est ha sfoderato una sfilza di circostanze, nomi e cifre. Ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria per tutti i soggetti citati, ecco quanto messo a verbale dal neo pentito: «Il controllo era nelle mani di noi detenuti. Avevamo il potere di spostarci come volevamo, controllavamo i cambi celle, nonché i trasferimenti dei detenuti anche da una sezione all’altra. Ciò tramite il coordinatore di reparto Francesco Gigante e il suo “capo posto”, assistente capo Mario Fabozzi “Montalbano”, insieme a un detenuto di Afragola, Biagio Zanbardini, addetto al magazzino». A questo punto D’Atri riporta un episodio ben preciso: «Nel 2016-2017 fu arrestato Umberto Accurso della Vanella Grassi. Fu trasferito dal T2 al reparto Ligure V sezione tramite Ottavio De Simone per la somma di 4-5.000 euro. Quindi Accurso venne nuovamente trasferito, dopo qualche mese, alla IV sezione grazie all’intervento di Biagio Zanbardino, a sua volta investito da Gaetano Angrisano, Salvatore Frate e Antonio Coppola “mille lire”, tutti affiliati al clan della Vanella Grassi. Il trasferimento fu disposto da Gigante e Fabozzi dietro compenso in denaro di 4.000 euro». E il boss continuò così a dettare legge.

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