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17 Luglio 2022 - 16:19
Le rivelazioni dell'ex killer
NAPOLI. Un vero e proprio tariffario per avere le “chiavi” del carcere di Secondigliano. Ogni trasferimento di sezione avrebbe fruttato agli agenti penitenziari corrotti mediamente 4mila euro complessivi: somma che andava poi suddivisa tra i partecipi. Secondo il neo pentito Eugenio D’Atri, esistevano però anche operazioni “minori”, ma non per questo meno allarmanti.
In questo caso la somma che il detenuto doveva sborsare era però infedele: «Per i cambi di cella all’interno della stessa sezione - ha svelato l’ex killer - Fabozzi e Gigante percepivano somme di importo inferiore, 250 euro circa. I cambi di cella erano molto frequenti nella stessa sezione, mentre quelli di sezione erano più difficili, ma comunque era sempre Gigante che aveva l’ultima parola».
Anche in questo caso D’Atri circostanzia il racconto riferendo un episodio specifico e tirando in ballo un altro pezzo da novanta della mala della periferia est di Napoli: «Ricordo anche il cambio di sezione di Roberto Boccardi (nel riquadro), ex affiliato al clan De Micco, poi transitato nelle fila del clan Minichini-De Luca Bossa, che è passato dal reparto Ligure al reparto S2, dove era allocato Michele Minichini, suo cognato. Boccardi, infatti, era legato sentimentalmente a Martina Minichini, sorella di Michele. In questo caso è intervenuto Fabozzi, che è pagato tramite un tale Mauro di Casoria, che era il nuovo magazziniere, in quanto non c’era più Zanbardini. Ciò l’ho saputo da Vincenzo Ammendola che non mi ha detto però l’ammontare della somma versata a Fabozzi».
Il neo collaboratore di giustizia ha poi fornito ulteriori dettagli: «Fabozzi e Gigante si occupavano principalmente dell’attività illecita dei cambi di cella e sezione, ma so che loro erano pienamente consapevoli del fatto che De Simone facesse invece entrare illecitamente in carcere droga e altri oggetti non consentiti dietro compenso». E ancora: «Anch’io ho partecipato direttamente a episodi corruttivi che hanno visto protagonista l’assistente capo Salvatore Mavilla, detto “il mandrillo”, pagato per far entrare la droga in carcere. Mavilla è stato il “sostituto” di De Simone. Mavilla ha iniziato a “lavorare” con noi dopo l’arresto di De Simone, nel luglio del 2018». A consolidare l’inchiesta della Dda ci ha pensato poi Pietro Izzo, uomo del clan Gionta di Torre Annunziata, anch’egli pentitosi nello stesso procedimento.
L’ex affiliato, sul punto, il 7 aprile scorso ha rivelato: «Appena arrivato nella seconda sezione non persi tempo per procurarmi un telefonino. Fui messo in cella con una persona di Caserta. Chiesi a Luigi Maresca “’o trippone”, affiliato al mio stesso clan, che era nella seconda sezione un cellulare. Lui mi disse che in questa sezione i detenuti erano divisi in due fazioni, una legata ai Mazzarella, composta da Antonino, di cui non ricordo il cognome, Giuseppe Buonerba e altri di cui non ricordo i nomi, l’altra fazione comprendeva soggetti del rione Traiano e tra questi vi era Salvatore Basile “cozzeca nera”, io ho parlato solo con quest’ultimo, in cella con lui c’era anche Michele Elia del Pallonetto. Maresca mi disse che queste due fazioni gestivano insieme il traffico di telefonini e stupefacenti».
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