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Omicidio di Mario Perrotta, salvi i killer della terza faida di Scampia

Omicidio di Mario Perrotta, salvi i killer della terza faida di Scampia

Ergastoli cancellati: i sicari dello Chalet Bakù Brandi e Ciccarelli incassano 30 anni a testa. Assoluzione confermata per il boss Montanera

NAPOLI. Due ergastoli cancellati in un colpo solo e i killer della terza faida di Scampia evitano la stangata. Importante, quanto inatteso, colpo di scena giudiziario dunque per Vincenzo Brandi, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese, e Armando Ciccarelli, assistito dagli avvocati Luigi Senese e Renato D’Antuono, che ieri mattina sono stati “graziati” dai giudici della Corte d’assise d’appello di Napoli, i quali, hanno cancellato la pena precedentemente inflitta e condannato gli imputati a trent’anni a testa. Confermata, infine, l’assoluzione già rimediata dal ras dello Chalet Bakù Giuseppe Montanera, difeso dall’avvocato Vincenzo De Rosa, contro la quale la Procura aveva presentato ricorso. Tutti e tre gli imputati erano accusati di aver a vario titolo preso parte all’omicidio di Mario Perrotta, assassinato nell’ottobre del 2012, all’alba della terza faida di Scampia: la breve, ma feroce guerra di camorra che vide per quasi due anni il clan Abete-Abbinante-Notturno contrapporsi ai ribelli della Vanella Grassi, spalleggiati a loro volta dai Marino e dai Leonardi di Secondigliano. Sulla testa di Montanera, Brandi e Ciccarelli pendevano le dichiarazioni accusatorie rese da diversi collaboratori di giustizia, ultimo in ordine di tempo il sicario reo confesso Giuseppe Ambra. Nonostante ciò, Montanera - inquadrato come il mandante del delitto - già in primo grado aveva ottenuto la piena assoluzione, poi ribadita ieri dalla Corte d’assise d’appello. I colpi di scena non sono però finiti qui e così anche per gli altri due imputati l’ergastolo è rimasto una chimera. I giudici di secondo grado, accogliendo le argomentazioni dei difensori Procentese, Senese e D’Antuono, hanno infatti rideterminato la pena in ordine ai reati satellite, cioè il possesso delle armi. In primo grado erano stato tra l’altro già cancellate le aggravanti dei motivi futili e abietti. Sia Brandi che Ciccarelli sono così riusciti a cavarsela con trent’anni a testa. Quello di Mario Perrotta non fu un omicidio “qualsiasi”. Il 27enne fu infatti assassinato nell’ottobre 2012, nel pieno della terza faida di Scampia: una guerra breve sotto il profilo temporale, ma caratterizzata da uno spargimento di sangue con pochi precedenti nella recente storia della camorra. Considerato uomo molto vicino al capopiazza Paolo Maoloni, figura di spicco dei Leonardi di Secondigliano e quindi della Vanella Grassi, già in quel periodo egemone nella Vela Celeste, sarebbe stato ucciso per una vendetta trasversale. Le indagini portarono alla cattura del gotha del clan degli Scissionisti, in particolare del gruppo Abete-Notturno con base allo chalet Bakù di Scampia. Dopo il blitz del 2019, le indagini sul caso sembravano essere arrivate a un punto di svolta ed effettivamente il successivo sviluppo dell’iter giudiziario ha in buona parte confermato le ipotesi della pubblica accusa. L’assoluzione del ras Giuseppe Montanera ha però lasciato vacante un’importante casella investigativa: quella occupata dall’uomo che ha ordinato l’omicidio di Perrotta.

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