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04 Agosto 2022 - 23:48
Il capoclan di Pianura stanato durante una notifica atti a un pregiudicato. È accusato di associazione mafiosa e traffico di droga
NAPOLI. Un pizzico di fortuna e una massiccia dose di fiuto investigativo. Sono questi i due ingredienti grazie ai quali ieri mattina la polizia è finalmente riuscita a stringere le manette intorno ai polsi di Antonio Carillo, emergente boss di Pianura irreperibile dal 14 luglio scorso, giorno in cui è scattata la retata che ha disarticolato le due cosche che da mesi stavano insanguinando il quartiere. Il 31enne boss è stato stanato durante una notifica atti a un pregiudicato residente in via Marano Pianura. Una volta entrati in casa, i detective hanno notato il movimento furtivo di un uomo - subito riconosciuto in Carillo - che stava provando a dileguarsi: un tentativo che in una manciata di secondi si è rivelato un clamoroso buco nell’acqua: gli uomini della squadra giudiziaria del commissariato San Paolo, con uno scatto fulmineo, hanno raggiunto e bloccato la primula rossa, ponendo così fine alla sua fuga. Antonio Carillo, nonostante la relativamente giovane età, può essere considerato come un malavitoso “anomalo” per gli standard contemporanei. Il 31enne del Cannavino è infatti totalmente assente dai social: dunque niente profili facebook e instagram e niente reel su TikTok. In pratica, un fantasma. E anche nella realtà ha sempre adottato un atteggiamento schivo, evitando modi di fare spavaldi che potesse dare troppo nell’occhio, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine. Questo non ha comunque impedito agli investigatori della polizia di Stato - sul suo conto hanno redatto numerose informative gli investigatori della squadra giudiziaria del commissariato Pianura - di inquadrarlo come il capo indiscusso del cartello Carillo-Perfetto con base in via Torricelli, in pratica l’erede del vecchio clan Pesce-Marfella. La circostanza emerge a chiare lettere anche dall’ordinanza spiccata a suo carico il 14 luglio scorso. Secondo la Procura, infatti, Antonio Carillo, in qualità di capo e organizzatore, avrebbe impartito direttive agli associati in ordine alla diretta gestione della piazza di spaccio: base nella quale la cosca avrebbe per anni smerciato hashish, cocaina, crack e altre droghe. Sempre Carillo avrebbe poi imposto le forniture di stupefacenti anche ai capipiazza non direttamente affiliati alla sua cosca. Insomma, un vero e proprio “sistema” di cui - ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria - sarebbe stato l’indiscusso artefice e regista. Sta di fatto che il 31enne boss, anche grazie a una fitta retta di fiancheggiatori, per quasi un mese è riuscito a fare perdere le proprie tracce, pur senza allontanarsi più di tanto dal proprio quartiere d’origine. La polizia non ha però mai mollato la presa e così ieri mattina, grazie alla tempismo della squadra giudiziaria del commissariato San Paolo, la sua parentesi da uccel di bosco è finalmente giunta al capolinea. All’appello manca adesso solo Cesare Divano, figlio del capopiazza Francesco Divano, accusato di essere coinvolto in un importante giro di spaccio di droga. Anche per lui il giro di vite potrebbe però arrivare molto presto.
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