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Il boss in Ferrari si pente: «La mia mesata arrivava fino a 13mila euro»

Il boss in Ferrari si pente: «La mia mesata arrivava fino a 13mila euro»

Terremoto negli Amato-Pagano, Pasquale Cristiano e il padre parlano coi pm: «Dal 2020 ero io il capo ad Arzano»

ARZANO. Un nuovo tsunami si abbatte sul clan Amato-Pagano, sponda 167. Nel giro di una manciata di settimane hanno deciso di collaborare con la giustizia, prima, il “padrino” Pietro Cristiano e adesso anche il figlio ras Pasquale Cristiano (nella foto), alias “Pick Stick”, balzato alla ribalta della cronaca locale pochi mesi fa per essersi reso protagonista di un discutibile corteo in Ferrari tra le strade del paese. Prima il padre e poi il figlio. Così la scalata criminale della famiglia Cristiano che ha terrorizzato per mesi il comune di Arzano con bombe, sparatorie, è giunta al capolinea. Pietro e Pasquale sono diventati collaboratori di giustizia e le loro prime dichiarazioni sono state depositate dalla Dda all’interno dell’atto con cui ha disposto la conclusione delle indagini preliminari per i trenta indagati accusati di aver a vario titolo fatto parte degli affari della cosca. “Pick Stick” era salito alla ribalta delle cronache per aver sfilato in Ferrari in occasione dei festeggiamenti per la comunione del figlio, nonostante si trovasse sottoposto ai domiciliari. Erano i capi di uno dei gruppi in lotta nell’area nord di Napoli. I Cristiano stanno raccontando ai pubblici ministeri i retroscena della scissione con Giuseppe Monfregolo e il sistema del pizzo a tappeto e i modi di approvvigionamento della droga. E poi come riuscivano a comunicare in carcere: «Nel reparto hanno i telefoni cellulari e comunicano con l’esterno nel corso dell’interrogatorio di mio figlio Pasquale, erano tutti nella stanza a chiedermi perché non tornasse dopo tanto tempo», ha messo a verbale Pietro. E si parla anche di politica e di come la mala avrebbe cercato di indirizzare le elezioni comunali del 2017: «Ho una lista di tutte le estorsioni commesse. Per un periodo di assenza di mio figlio, appena scarcerato, ho di fatto retto il clan come persona di fiducia». Sul punto, proprio il diretto interessato ha fornito agli inquirenti una lunga deposizione. Interrogato il 31 maggio scorso, Cristiano junior ha dichiarato: «I veri capi dell’associazione sono Napoleone, Russo e Gambino. Ne faccio parte dai tempi degli omicidi Casone e Ferrante. Dopo gli arresti dei tre ho assunto la responsabilità della gestione in loro assenza, ne eravamo reggenti io e Giuseppe Monfregolo. Ciò è stato fino al mio arresto nel 2018. Nel 2020 sono stato scarcerato, in quel momento Mariano Monfregolo era a capo del clan. Quando sono uscito ero diventato scomodo per Mariano e per il resto dell’organizzazione. Erano scomparsi dei soldi, circa 70-80mila euro e in più le vittime delle estorsioni durante la sua reggenza si rifiutavano di pagare perché loro rubavano già alle vittime». Quanto alle mesate, le cifre in ballo sarebbero state di assoluto rilievo: «Anche durante la detenzione - ha spiegato Pasquale Cristiano - ho mantenuto contatti con l’esterno e continuavamo a pagarmi la mesata che era di circa 3-4mila euro e nelle festività si arrivava ai 12-13mila euro al mese. I contatti li tenevo sia con Vincenzo Mormile (suo cognato, ndr), che con Mariano Monfregolo. Sia con i colloqui sia attraverso un telefonino che ci passavamo tra noi detenuti. Era un iPhone 5 con il quale effettuavo anche videochiamate. Già era in possesso di una persona di Grumo Nevano, tale Paciolla. Sono a conoscenza dell’organizzazione con la quale i telefonini entrano in carcere e mi riservo di illustrarla meglio». Il ras chiude con i trascorsi di camorrista e si prepara a mettere all’angolo il clan Amato-Pagano.

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